Sigmund Lipinsky ritratto

Sigmund Lipinsky ritrattoSigmund Lipinsky

(Grudziądz 1873 – Roma 1940)

Ritratto di fanciulla

1914

Matite e pastelli su carta, cm 29 x 26

Firmato in basso a sinistra «S Lipinsky Roma 14»

 

 

Noto soprattutto per la sua produzione grafica, Sigmund Lipinsky è stato uno dei più influenti artisti stranieri attivi a Roma nel primo Novecento[1]. Nacque nel 1873 nel Regno di Prussia, nell’attuale città polacca di Grudziądz, e si formò all’Accademia di Belle Arti di Berlino con Anton von Werner. Grazie al “Gran Premio di Stato”, con cui gli si offriva una borsa di studio per un soggiorno triennale in Italia, poté raggiungere Roma nel 1902, dove si stabilì prendendo uno degli studi di Villa Strohl-Fern[2]. Nella Capitale trovò una folta comunità di artisti tedeschi – quelli, cioè, della seconda generazione dei cosiddetti “Deutsch-Römer” – e instaurò un profondo sodalizio artistico e umano con Otto Greiner (Lipsia 1869 – Monaco di Baviera 1916). È stata più volte sottolineata dalla critica l’influenza dell’incisore lipsiano sulla produzione grafica di Lipinsky, che emerge con evidenza nell’attenzione analitica ai dettagli anatomici. La perizia tecnica di Greiner, di fatti, cambiò il modo di concepire il disegno per molti artisti del primo Novecento[3], tra cui Umberto Boccioni, soprattutto per ciò che concerne il tema del nudo e più in generale della rappresentazione della figura umana: se da un lato ciò riguardò senza dubbio anche Lipinsky, il quale nella maturità pubblicherà addirittura un manuale di anatomia per la rappresentazione artistica del corpo umano[4], dall’altro va notato che l’artista rinunciò intenzionalmente a certe crudezze dell’immaginario greineriano per approdare ad una figurazione più aggraziata ed elegante, in linea con le tendenze del gusto borghese. «Greiner is uniquely an exquisite and powerful etcher, but Lipinsky is a colourist in black and white»[5], scriveva già nel 1924 Edna Howell nel sottolineare la sensualità della sua figurazione.

Più che nella produzione simbolista, espressa in complesse incisioni e fantasiosi ex libris a bulino[6], la vocazione introspettiva di Lipinsky si rivela appieno nella ritrattistica. Il Ritratto di fanciulla in esame, nella sapiente combinazione di rigore tecnico e attenzione al dato psicologico, costituisce un esempio calzante del modo di Lipinsky di intendere il ritratto, genere con cui si misurò regolarmente durante l’intero corso della sua carriera con dipinti, disegni e incisioni[7]. Firmata e datata 1914, l’opera si relaziona ad una serie di ritratti che l’artista realizzò attorno alla metà degli anni Dieci in cui oggetto della rappresentazione è esclusivamente la testa. Una Testa di fanciulla fu esposta a Firenze proprio nel 1914 alla “I Esposizione Internazionale di Bianco e Nero”[8]; sono inoltre note altre due teste, per le quali posò la stessa modella, entrambe datate 1914. E già nel 1913, alla prima mostra della “Secessione” romana, tra i quattro disegni esposti vi era una Testa di ragazza[9], anch’essa appartenente alla serie di teste disegnate prima del forzato rientro in Germania con il sopraggiungere della prima guerra mondiale. La sua presenza tra gli espositori della “Secessione” va connessa alla volontà degli artisti romani – che nell’associarsi avevano in mente il modello delle secessioni mitteleuropee – di rappresentare le tendenze moderniste internazionali. Dall’anno seguente, tuttavia, Lipinsky non prese più parte alle mostre della “Secessione”, preferendo piuttosto esporre alla vecchia “Società Amatori e Cultori di Belle Arti” e allineandosi così alla scelta già compiuta dall’amico Otto Greiner[10].

Indipendentemente dal mutare degli schieramenti politico-culturali, Lipinsky nel 1914 era ormai pienamente inserito nel panorama romano e si poneva come punto di riferimento, sia per la comunità tedesca (era presidente del  Deutscher Künstlerverein), sia per i giovani artisti italiani. Nel suo studio di via Margutta aprì quindi una scuola di disegno e pittura che, tornata attiva dopo la cesura del conflitto mondiale, prima in proprio poi presso la British Academy of Art, annoverò tra i suoi allievi personalità di spicco della storia dell’arte del Novecento: uno su tutti, il pittore Fausto Pirandello, che dal maestro mutuò la forza espressiva conferita al disegno.

Manuel Carrera

[1] Cfr. E. Bardazzi, Sigmund Lipinsky, Dario Wolf & altri maestri dell’incisione simbolista, Rignano Flaminio 2012.

[2] G. C. De Feo, G. Raimondi (a cura di), Artisti a Villa Strohl-Fern: luogo d’arte e di incontri a Roma tra il 1880 e il 1956, Roma 2012, pp. 88-90, 169.

[3] Cfr. F. Parisi, Odisseo e i suoi compagni: emuli e seguaci di Otto Greiner in Italia, in E. Bardazzi, M. Carrera (a cura di), Otto Greiner e l’Italia: alla ricerca del mito nella terra del sole, Roma 2017, pp. 35-45; M. Carrera, Otto Greiner e il panorama artistico romano, ivi, pp. 47-57.

[4] S. Lipinsky, Manuale anatomico per lo studio artistico del corpo umano, Roma 1931.

[5] E. H. Howell, The art of Lipinsky, in “The Studio”, 1924, vol. 88, p. 267.

[6] Per un approfondimento, si veda E. Bragaglia, M. A. Gai (a cura di), Sigmund Lipinsky: ex libris, Latina 1992.

[7] Tra i ritratti più noti, si ricordano quelli di Caterina Lombardo, Claire Wenz, Raoul Heinrich Francé, Lucy von Waldthausen, Galeazzo von Thun und Hohenstein.

[8] Catalogo della I Esposizione Internazionale del Bianco e Nero, Firenze 1914, p. 51, n. 264.

[9] Prima Esposizione Internazionale d’Arte della “Secessione”, Roma 1913, p. 53, n. 72.

[10] L’artista non prese mai parte alla “Secessione”, ma fu anzi tra gli organizzatori delle esposizioni della Società degli Amatori e Cultori. Per un approfondimento, si veda S. Kinzel, Ein brillanter Zeichner, vortrefflicher Lehrer und liebenswürdiger Zeitgenosse: Otto Greiners deutsch-italienisches Netzwerk in Rom, in Bardazzi, Carrera, cit., pp. 23-34.

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