Emilio Greco: bronzo

Emilio Greco: bronzoEMILIO GRECO

(Catania 1913 – Roma 1995)

Sibilla, 1951

Bronzo, cm 57 x 51 x 32

Firmato e datato in basso a destra: GRECO 1951

Provenienza: Roma, collezione Riccardo Gualino; collezione Cesarina Gualino; Forlì, collezione privata

Bibliografia ed esposizioni: VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, 1951, Sala 8, pp. 12 – 13, n. 13; Bernhard Degenhart, Emilio Greco, Berlin und Mainz 1960, p. XVII, 25 n. 30; Emilio Greco sculture, catalogo della mostra, Assisi, Museo di San Pietro, a cura degli Archivi Emilio Greco, Assisi 2008, p. 82; Omaggio a Emilio Greco. Forme, suggestioni e percorsi tra le opere del maestro, catalogo della mostra, Spello, Palazzo Comunale, a cura di Giulio Proietti Bocchini, Spello 2014. p. 83; Emilio Greco, le sculture, a cura degli Archivi Emilio Greco, Roma 2016, n. 47.

Esposte qui per la prima volta insieme, le due versioni della Sibilla, in terracotta e bronzo, sono datate 1951. A quella data, Greco era giĂ  uno scultore noto ed apprezzato e aveva al suo attivo numerose partecipazioni a mostre nazionali ed internazionali.
Iniziata giovanissimo presso la bottega di uno scultore di monumenti funerari, la sua formazione prosegue all’Accademia di Belle Arti di Palermo dove si diploma nel 1934. Nel 1943 fa il suo arrivo a Roma dove, accolto favorevolmente, espone alla IV Quadriennale d’Arte due terrecotte: un Ritratto e L’omino (ora conservato alla GNAM). Il 1947 è un anno importante per lo scultore che, dopo aver ottenuto uno studio presso l’Accademia Germanica di Villa Massimo insieme a Leoncillo, Guttuso, Mazzacurati, Rossi e Brunori, è presente in una collettiva alla Galleria del Secolo insieme a Mirko, Consagra, Guttuso, Afro, Scialoja e Turcato. Nel 1948 viene allestita una sua personale alla Galleria del Secolo a Roma (nel catalogo viene presentato da Fortunato Bellonzi) e, nello stesso anno, espone Il lottatore alla mostra “Olimpiadi dell’Arte Ispirata allo Sport” alla Tate Gallery di Londra. Nel 1949 lo troviamo nuovamente ad un appuntamento internazionale, alla “Twentieth-Century Italian Art” al MOMA di New York dove espone due sculture.
L’ambiente artistico romano, dominato dalla figura di Guttuso, che per molti giovani artisti costituiva un punto di riferimento, era nel dopoguerra caratterizzato da un grande fermento, da una molteplicità di ricerche artistiche e da accesi dibattiti, favoriti dalla sempre maggiore circolazione di opere e dalla nascita di molte gallerie che proprio di queste istanze si facevano animatrici e sostenitrici.
Gli anni ’50 sono, per Emilio Greco, caratterizzati da grandi esposizioni e prestigiosi incarichi accademici: nel 1950 è invitato alla XXIV Biennale di Venezia e alla grande mostra “Italienische Kunst” a Monaco di Baviera ed è presente, per la prima volta a Milano, con una personale alla Galleria Bergamini. Partecipa inoltre nel 1951 alla VI Quadriennale d’Arte di Roma con un nucleo cospicuo di sculture e disegni, tra cui la versione in bronzo della Sibilla. Nel 1956 riceve il Gran Premio della Scultura alla Biennale di Venezia e nel 1958 gli viene dedicata la prima importante personale pubblica organizzata dall’Ente Premi Roma nella prestigiosa sede di Palazzo Barberini.
In questi anni si va precisando il linguaggio personale di Greco, che vede la figura femminile nello spazio al centro delle sue ricerche. Troviamo echi della scultura di Arturo Martini, suggestioni degli artisti di Corrente e dell’arcaismo di Marino Marini oltre ai fermenti della scultura internazionale di Picasso e Moore. Mario De Micheli, nel suo volume sulla scultura italiana del dopoguerra, inserisce Greco tra i “figurativi della forma”3, individuando proprio nell’articolazione ritmica della forma e nella ricerca sul corpo femminile, nelle sue infinite varianti, la cifra peculiare del suo lavoro, l’essenza più intima della sua poetica.
L’essenza del suo fare, a tratti sfuggente e mutevole, trova la sua definizione più compiuta attraverso l’accostamento di termini opposti. La Sibilla è al contempo concreta e astratta, reale e lirica. Unisce la densità della materia alla musicalità della linea. Non vi è descrizione naturalistica, ma grazia ed eleganza, sottolineate dall’espressione enigmatica del volto e dal gesto della mano. L’articolazione dei volumi e l’armonia tra i pieni e i vuoti annullano un punto di vista privilegiato. Le superfici sono sempre curate, sia nella loro estrema levigatezza sia quando vengono graffiate per rendere la materia più vibrante. Ai volumi torniti e morbidi della capigliatura e delle spalle fa da contrappunto l’angolo improvviso del braccio, a creare una tensione spaziale, un dinamismo che diviene cifra stilistica ed essenza stessa delle sue figure e che verrà indagata fino a diventare movimento disarticolato nel nucleo più prolifico della sua produzione: la serie delle bagnanti degli anni ’50 e ’60.
Gli anni ’60 vedono inoltre Greco impegnato in grandi committenze religiose, nelle quali deve confrontarsi con una narrazione più complessa e con cornici architettoniche di grande importanza: gli altorilievi per la chiesa di San Giovanni Battista a Campi Bisenzio (Firenze) dell’architetto Giovanni Michelucci, l’incarico per le porte del Duomo di Orvieto (poste in loco solo nel 1970 a seguito delle numerose polemiche che hanno accompagnato il complesso iter) e il Monumento a Papa Giovanni XXIII per la cappella della Presentazione in San Pietro in Vaticano, cui lavorò tra il ’65 e il ’67.

Le due versioni della Sibilla provengono da quella che comunemente viene definita la seconda Collezione Gualino, ovvero la collezione che i coniugi Cesarina e Riccardo crearono negli anni successivi al loro trasferimento a Roma, avvenuto nel 1935 dopo i rovesci finanziari, l’arresto e il confino a Lipari. Dopo le vicissitudini della collezione torinese, della sua parziale dispersione e delle complesse vicende della donazione alla Galleria Sabauda5, Gualino continuò la sua passione di collezionista e mecenate diventando, anche nella capitale, animatore insieme alla moglie di un cenacolo di artisti e intellettuali tra i quali si possono annoverare Emilio Cecchi, Libero de Libero, Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Alberto Moravia, Sibilla Aleramo, Luigi Pirandello e l’amico di una vita Lionello Venturi. I coniugi sostenevano il lavoro di molto artisti, frequentando mostre, acquistando e commissionando numerose opere.
Attraverso i diari di Cesarina e altri documenti conservati presso l’Archivio Gualino6 è stato possibile, grazie al meticoloso e prezioso lavoro di Beatrice Marconi, ricostruire almeno in parte il corpus della seconda collezione Gualino. In un elenco da lei redatto7 troviamo una testa di donna di Emilio Greco datata 1951 che potrebbe coincidere con la Sibilla qui in esame.

Note
1 Così lo stesso Greco presenta le sue sculture nella breve introduzione alle opere esposte alla Quadriennale del 1951 tra cui vi è anche il bronzo della Sibilla.
2 Nel 1952 ottiene la cattedra di scultura all’Accademia di Carrara; nel 1955 la cattedra di scultura all’Accademia di Napoli e nel 1957 la cattedra si scultura all’Accademia di Monaco di Baviera.
3 M. De Micheli, Scultura italiana del dopoguerra, ed. Schwarz, Milano 1958, p.119 e segg.
4 Si veda Beatrice Marconi,“Riccardo e Cesarina Gualino a Roma. La seconda collezione.” in Le Capitali d’Italia. Torino – Roma 1911-1946, catalogo della mostra a cura di Marisa Vescovo e Netta Vespignani, Torino Palazzo Bricherasio, Stupinigi Palazzina di Caccia, Electa, Milano 1997, pp. 65-72.
5 Per le vicende della Collezione Gualino si veda Dagli ori antichi agli anni Venti. Le collezioni di Riccardo Gualino, catalogo della mostra, Torino Palazzo Madama, Galleria Sabauda, Electa Milano 1982.
6 Dopo la morte del nipote di Riccardo, l’Archivio Gualino è stato recentemente donato all’Archivio di Stato.
7 Marconi 1997, op. cit. p.70.

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