Siccardi: autoritratto

Siccardi: autoritrattoGiuseppe Siccardi

(Albino 1883-Bergamo 1956)

Autoritratto

1943

Pastelli colorati su carta nera, mm 650 x 470

In basso a destra; A mio figlio Fermo/nelle speranze per il suo avvenire di uomo onesto- e ricordi suo padre sempre/ G. Siccardi 1943

Artista appartato e profondamente legato alla tradizione lombarda, risente dei principali esiti del gusto della prima metà del Novecento pur senza abbandonare mai la figurazione 

Scultore, pittore e disegnatoreGiuseppe Siccardi nasce in una povera famiglia di marmisti ad Albino, in provincia di Bergamo, – il paese di Giovan Battista Moroni, di cui esegue il robusto monumento in bronzo a figura maggiore del vero tuttora in situ. Frequenta l’Accademia di Carrara nei corsi di disegno e pittura dal 1900, divenendo allievo di Ponziano Loverini. Al termine, una borsa di studio gli consente di andare a Roma e di perfezionarsi all’Accademia del Nudo di Ettore Ferrari. Nel 1908 ritorna nella sua terra, dove in breve accede all’insegnamento e dove, nel corso degli anni, realizza numerose opere pubbliche, tra cui si ricordano le statue in bronzo del Diritto della Legge per la facciata del Palazzo di Giustizia di Bergamo, progettato da Marcello Piacentini, alcune statue, sempre in bronzo, per la facciata della Basilica del S.S. Crocifisso a Como.  

Simbolismo e flessuosità di impronta liberty marcati da una traccia di realismo di ascendenza ottocentesca caratterizzano la produzione d’esordio. Su questa poi si inseriscono la sensibilità impressionista derivata da Medardo Rosso e il rigore formale di ascendenza nordica di Adolfo WildtDa segnalare è anche il ricorso al ‘non finito’, che più volte appare nella sua plastica. 

L’intensa attività espositiva in mostre anche di portata nazionale, tra cui si segnalano la ‘Permanente’ e la ‘Triennale’ di Milano, gli valgono l’ingresso in prestigiose collezioni private delle sue opere di più piccolo formato. Non senza una punta di orgoglio, nelle memorie l’artista ricorda quelle della Regina Margherita, della Marchesa Tristori, della Contessa Suardi e del Senatore Conti. 

Più sciolta e libera, caratterizzata ora da un tratto grasso e sintetico ora da un segno più sottile e descrittivo, è invece l’opera grafica, formata da un nutrito corpus di disegni, sanguigne, monocromi su fondi bianchi, seppia o su carta nera, dove, con più decisione, emerge la sensibilità di Siccardi per il dato naturale e introspettivo segnato da una intimità che non illanguidisce. Come in questo autoritratto sentimentalmente dedicato al figlio Fermo, dove il tratto fitto, lungo e sottile, che si fa più rado per tradurre in ombra il nero del supporto, traccia un volto severo, intenso e incisivo che, fortemente contrastato, emerge solo parzialmente intercettato dalla luce.

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