Giuseppe Patania - Veduta di Solanto

Giuseppe Patania - Veduta di SolantoGiuseppe Patania
(Palermo 1780 – 1852)

Veduta di Solanto

olio su tela, cm. 72 x 105; 1812

Firmato e datato, in basso a destra: “Solanto a Cefalù / in Sicilia / al 1812 in Palermo / Platania (sic) fc.”

Sebbene gli studi recenti (mi riferisco in particolare alla monografia di Ivana Bruno, Giuseppe Patania pittore dell’Ottocento, Palermo 1993) abbiano ricostruito con cura il catalogo della vasta produzione di Patania – esaltato dalla critica ottocentesca, e in particolare dall’erudito palermitano Agostino Gallo, come il protagonista assoluto della pittura siciliana della prima metà del secolo – molte sue opere mancano ancora all’appello, disperse nei mille rivoli del collezionismo privato. Se poi si considera che l’immagine tradizionale del pittore rimane legata soprattutto ai suoi numerosissimi ritratti, ai raffinati quadri da stanza di soggetto mitologico e a un folto gruppo di dipinti di soggetto sacro di vaga influenza purista ma dai tratti rigidi e convenzionali, non sembrerà eccessivo attribuire al quadro in esame un sapore di rarità.

Documenta infatti la produzione di genere paesistico di Patania, rivelandosi ancora più prezioso per la data abbastanza precoce (le sue prime opere note risalgono al 1803) e aprendo uno spiraglio interessante su un aspetto quasi del tutto sconosciuto della sua attività su cui si soffermano invece tutte le fonti ottocentesche. Il Gallo, ad esempio, lo ricorda come “egregio paesista” e nel menzionare fra le opere giovanili diversi “paesaggi di piccolo formato”, fra i quali quelli eseguiti per Vincenzo Gagliani, per il ministro Fardella e il signor Nicolao, tutti dispersi, ne loda la freschezza e la vivacità delle composizioni, a suo giudizio ispirate alla pittura tardosettecentesca (Gallo 1852, p. 190).

Come suggerisce l’iscrizione, nella veduta si può riconoscere agevolmente un tratto di costa nei pressi dell’antica Solunto, da Palermo in direzione di Cefalù, oggi alterato non poco nella sua fisionomia, con in primo piano una sorta di masseria fortificata che ingloba un torrione quadrangolare di epoca medievale.
Caratterizzato dal nitore di una luce limpida e ferma, il dipinto appare ancorato al gusto classicheggiante della veduta imposto da Jacob Philipp Hackert in area meridionale e in qualche misura ne eredita la cifra elegante e raffinata ma fredda, la grafia minuta, pur con qualche incertezza disegnativa nell’edificio di destra, l’impianto compositivo con il tipico espediente della quinta arborea e le piccole figure sparse qua e là, e in ultima analisi quel sottile lirismo nella resa equilibrata e armonica di un paesaggio naturale.

Non conoscendo allo stato attuale delle ricerche altri esempi di pittura di paesaggio di Patania, gli unici confronti possibili si possono istituire con alcuni suoi disegni già in collezione Sgadari di Lo Monaco e in collezione Ceresia, gli uni e gli altri conservati ora nel Fondo disegni e stampe della Galleria Regionale della Sicilia di Palermo, resi noti da Ivana Bruno (1993), che raffigurano quasi tutti paesaggi di fantasia con alberi e ruderi ma senza alcun riferimento a luoghi precisi.
E’ curioso inoltre che il pittore si firmi qui “Platania”, proponendo forse il suo cognome originario (il padre Giacinto, infatti, nativo di Acireale, discendeva dal pittore seicentesco Giacinto Platania), definitivamente modificato poi in Patania.

Gioacchino Barbera

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