Teodoro Matteini - Autoritratto, 1799

Teodoro Matteini - Autoritratto, 1799Teodoro Matteini
Pistoia 1754 – Venezia 1831

Autoritratto, 1799

Matita nera e rossa su carta bianca, in ovato, mm 230 x 185

Firmato, datato, localizzato e dedicato, margine inferiore:“Per obbedienza e venerazione Al cavaliere e famiglia Lazara Teodoro Matteini ritrae se stesso 1779”

Nel giugno del 1799 Matteini si recava per alcuni mesi a Padova e sulle rive del Brenta “dove sono stato […] sempre occupato per i signori veneziani che erano qui a villeggiare ed anche i padovani”, come scriveva il 13 dicembre all’incisore Raffaello Morghen (cit. in Gori 2003, p. 760).

Tra loro era il nobile padovano Giovanni de Lazara (1744-1833), studioso, bibliofilo, collezionista e dal 1793 ispettore alle pitture del circondario di Padova (Magani 1993; Poli 2002, p. 127, p. 162 n. 5). Com’è noto egli fu uno dei protagonisti della riscoperta alla fine del Settecento dei “primitivi” padovani e di Mantegna in particolare, in rapporto di frequentazione o epistolare con tutta l’erudizione artistica del tempo, compreso quell’abate Tommaso Puccini, direttore delle gallerie fiorentine, che aveva protetto Matteini sin dal soggiorno romano e che dunque aveva potuto forse favorire l’incontro tra il pittore e lo studioso.

A testimoniare questo rapporto privilegiato rimane l’Autoritratto di Matteini dedicato a de Lazara ed eseguito durante quel soggiorno del 1799. A sottolineare i comuni interessi figurativi l’artista si rappresentava al cavalletto, in veste da lavoro mentre leva un berretto in segno di saluto rivolto idealmente all’amico, interrompendo la copia pittorica del San Giacomo condotto al martirio affrescato da Mantegna nella cappella Ovetari. Forse era stato sollecitato a trarne memoria visiva dai timori per il suo degrado già espressi da de Lazara nei suoi rendiconti alla Serenissima sulla conservazione delle opere padovane, oppure era interessato a ricavarne stampe di traduzione, secondo una pratica che risaliva ai suoi giovanili disegni dall’antico per le tavole del Museo Pio Clementino di Giambattista Visconti (1782) e che gli aveva dato poi grande notorietà per la copia grafica, tradotta in incisione da Morghen, del Cenacolo di Leonardo su incarico del Granduca di Toscana (1796). In ogni caso l’artista si dimostrò fedele al culto per la figura di Mantegna anche più tardi, quando, nell’istanza inviata al presidente dell’Accademia veneziana Alvise Pisani per ottenere la cattedra di pittura, nel 1807,si esprimeva per una “rivolta del sistema” didattico, con “radicale, efficace provvedimento onde poter condurre i giovani studiosi ad attingere il latte delle pure primitive sorgenti, sulla strada reale guidandoli della perfezione a cui giunsero Tiziano e Paolo, le orme seguendo di Giovanni Bellino e Mantegna”, proponendo anche di ricavare dai suoi affreschi padovani un “Corso elementare di disegno” (cit. in Gori 2003, p. 760). Si tratta dell’unico Autoritratto pervenutoci di Matteini (di un olio pubblicato da Mimina Massa Saluzzo non fa menzione Nina Gori, ritenendolo evidentemente non autografo), mentre la sua effige fu fissata da contemporanei come Luigi Sabatelli in disegno (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) e il genero Ludovico Lipparini nel Ritratto di famiglia (Como, collezione privata), dove il pittore ormai anziano indossa ancora il “berrettone” come suo tratto caratteristico.

L’identità dell’effigiata nel foglio che costituisce il pendant dell’Autoritratto, per dimensioni, tecnica e provenienza, non è purtroppo documentata, ma è probabilmente da riferire a un membro della famiglia de Lazara. L’elegante semplicità della rappresentazione e dei dettagli della veste, aggiornata sulla moda giunta con i francesi, e dell’acconciatura dai capelli sciolti al naturale è un tratto di grazia e raffinatezza mondana che si aggiunge alla vena sentimentale e meditativa, di intonazione elegiaca, con la quale Matteini sapeva rappresentare nei personaggi ritratti le inquietudini che le intense trasformazioni politiche e sociali allora in atto dovevano generare.

Bibliografia per l’Autoritratto: Magani 1993, p. 437, Cera 2002, ad vocem, n. 2; Gori 2003, p. 760;

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