Jean-Baptiste Frédéric Desmarais

Parigi 1756 –  Carrara 1813

Gli illustri toscani invitano Elisa Baciocchi al governo del granducato • 1809

olio su tavola, 50 x 56,5 cm

Al retro frammento di etichetta iscritta: “[…] Bartolomeo di S. Marco/Michell’A[…]/Leonardo da Vinci/9 Galileo/ 10 Machiavelli/ 11 Le Grazie/12 Il Senatorio […]/Trono/13 Le D[…] di Corte affl[…]/ 14/ La Fama con Beatrice/15 Il Fiume Serchio incatenato […]”

In questa singolare allegoria napoleonica riconosciamo Elisa Baciocchi, solennemente panneggiata all’antica e coronata come nei ritratti di Marie-Guilhelmine Benoist (1806, Lucca, Museo di Palazzo Mansi) e Guillaume Guillon Lethière (Versailles, Musée National du château). Sullo sfondo delle Alpi Apuane incede accompagnata dalla figlia Elisa Napoleona e preceduta da Minerva, lasciando il seggio del principato di Lucca e Piombino. Venerabili senatori sono intenti a tramandarne le riforme legislative, mentre le dame di corte appaiono come ploranti, alla pari del fiume Serchio che giace incatenato e irregimentato da nuovi argini e bonifiche.

Elisa va dunque concludendo una stagione di buongoverno e di splendida promozione delle arti, delle manifatture di corte e della didattica artistica a Carrara, che aveva dotato di illustri docenti forestieri e degli atelier del Banco Elisiano dediti alla produzione in serie dei ritratti dei napoleonidi.

Gli illustri toscani, Fra Bartolomeo, Michelangelo, Dante, Leonardo, Petrarca, Machiavelli, Galilei, Brunelleschi con l’attributo della cupola, la invitano a proseguire verso più grandiosi destini, alla volta di Firenze. Il corteo è preceduto dalle tre figure delle Grazie civilizzatrici del genere umano, mentre, in volo, una Fama porge lo scettro del Granducato di Toscana e la figura angelicata di Beatrice allude al disegno divino dell’investitura.

Il bozzetto, un ‘modelletto’ su tavola, richiama lo stile di Jean-Baptiste Frédéric Desmarais nel caratteristico allungamento delle figure e nel fitto andamento lineare dei drappeggi. L’artista, tutto “fuoco francese” come lo definì l’allievo pistoiese Niccola Monti, era apprezzato per i suoi rapidi studi. Melchior Missirini lo ricordava “potente nell’invenzione e nella disposizione” e superiore nei bozzetti ai lavori finiti.

Desmarais era dunque solito cimentarsi come qui nel territorio dell’invenzione allegorica. L’artista era poi legato direttamente a Elisa e alla sua corte, essendone stato nominato professore di pittura e maestro di disegno presso l’Accademia Eugeniana di Carrara.

Dopo essersi aggiudicato il pensionato romano con il dipinto di Orazio che uccide la sorella Camilla (Parigi, Ecole des beaux arts; bozzetto a Montpellier, Musée Fabre), l’artista era giunto a Roma nel 1786, inviandone in patria dipinti come il Paride pastore (collezione privata) e il Pindaro morente nelle braccia di Teossena, ammirato da Goethe. Nel 1793 riparava a Firenze dopo l’uccisione del generale Duphot, insieme ai connazionali Boguet, Fabre, Gauffier e Gagneraux, attraversando poi alterne fortune. Nel 1794 era denunciato come reazionario da Wicar presso la Société populaire des arts, alla pari di Gauffier, del quale avrebbe poi adottato la figlia Faustina nel 1801. Dopo l’impiego per la fabbrica di alabastri Inghirami di Volterra e alcune commissioni come la Deposizione del Battista per Pisa (S. Giovanni in Spazzavento) e il Ritratto della famiglia Roncioni (Pisa, palazzo Blu), il ciclo di affreschi per casa Tolomei con Boguet ora perduto (Roberto Giovannelli, “Jean-Baptiste-Frédéric Desmarais e Nicolas-Didier Boguet, vorreste voi uscir dal muro? Pistoia, gli affreschi in Palazzo Tolomei”, in Orizzonti del MO.C.A. Riflessioni tra moderno e contemporaneo, a cura di Roberto Giovannelli, Livorno 2022, pp 64-71), fu nominato nel 1797 professore assistente alla scuola del nudo all’Accademia di Firenze, annoverando poi tra i propri allievi anche Bezzuoli e Nenci.

Con l’avvento di Napoleone i suoi rapporti con la madrepatria migliorarono. E quando Elisa cercò docenti per l’Accademia di Carrara gli informatori riferirono che “egli gode in Firenze una delle prime reputazioni ed è del numero dei primi quattro pittori dell’Accademia Toscana”. I suoi ultimi quadri davano prova “del suo genio singolare per l’invenzione, come ancora nel colorito e nel disegno” (Arch, di Stato di Lucca, Segr. Di Ststo, vo. 199, n. 133, cit in Olivier Michel, Desmarais, Jean-Baptiste-Frédéric, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 39, 1991, ad vocem).

Nel 1807 fu dunque nominato docente a Carrara (e poi vicepresidente dell’Accademia e vicedirettore del Museo), contando poi tra i suoi allievi futuri scultori di fama come Carlo Finelli, F.* Fontana, Raimondo Trentanove, Alessandro Triscornia e Pietro Tenerani, devoto al maestro al punto di farne realizzare il busto per l’Accademia.

Nel 1808 aveva immaginato un monumento a Elisa di cui Marmottan aveva visto nel 1898 il disegno presso la biblioteca di Villa Vicentina presso Trieste, ultima dimora di Elisa, con la sovrana in trono, accanto a Minerva e alle tre Arti sorelle (Paul Marmottan, Les arts en Toscane sous Napoléon: la princesse Élisa, Paris 1901, p. 82).

Il 3 gennaio dell’anno seguente, per il compleanno della sovrana e su incitamento di Hector Sonolet, direttore del Banco Elisiano, Desmarais aveva composto un “esquisse allégorique représentant “les grands hommes de la Toscane appelant Son Altesse à les gouverner”. È sempre Marmottan a darne notizia sulla base di una nota siglata da Desmarais e Sonolet datata 2 gennaio e rinvenuta nell’Archivio di Massa (dossier Banca Elisiana, cit in Marmottan, Les arts, cit., pp. 202-203, nota 1), descrivendo puntualmente proprio la composizione del modelletto ritrovato, significativa testimonianza dunque dell’iconografia allegorica napoleonica: “Voici comment en était conçue l’ordonnance. Élisa quitte le trône de Lucques et, guidée par Minerve, se rend aux vœux des Florentins. Dans un coin, la cour de Lucques pleure son départ près du Serchio enchaîné”

Stefano Grandesso

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