Giuseppe Errante

(Trapani 1760 – Roma 1821)

Autoritratto

1790 ca.

Olio su tela, cm 93 x 69

Sul retro, cartiglio dattiloscritto e incollata sulla tela: “AUTORITRATTO ERRANTE GIUSEPPE/ da Trapani, nato nel 1760, morto nel 1821 a Roma / amico del Bossi a Milano ove dimorò. / Dipinse a fresco a Civitavecchia la cupola del- /la Chiesa della morte: a Roma collocò nel 1784 / nella Chiesa di S. Vincenzo e Anastasio un suo / quadro fatto all’età di 24 anni. Nella pinacoteca / Fadelliana a Trapani vi sono suoi dipinti. FU / seppellito a Roma in S. Salvatore in onda, ma il / suo monumento è a Trapani, eretto dalla moglie. / Dei molti suoi quadri scrisse l’Abate Canollieri. / Egli lasciò due opuscoli sui colori e valse pure / come Maestro di scherma (Dal Dizionario dei Pittori Italiani compilato da Antonietta Maria Bessonei Aurrely. Stima L. 6.000. Flli Porta 1926”

 

La produzione di Giuseppe Errante, il pittore siciliano che è stato un protagonista del Neoclassicismo tra Roma, Milano e Napoli, è andata in gran parte dispersa, soprattutto le opere più significative menzionate dalle fonti e descritte con particolare ampiezza in quello che resta il testo più importante per ricostruirne le vicende biografiche e l’attività, le Memorie raccolte da Francesco Cancellieri intorno alla vita ed alle opere del Pittore Cavaliere Giuseppe Errante di Trapani defunto in Roma a’ XVI di febbraio nell’anno MDCCCXXI, Roma, presso Francesco Bourliè, 1824. Ma si vedano anche il necrologio pubblicato nel 1821 sulle “Effemeridi letterarie di Roma” (vol. III, pp. 442-452) e la recente monografia di S. Valenti, Giuseppe Errante pittore trapanese, Trapani 2011 (dove è segnalato il nucleo di opere conservate al Museo Pepoli di Trapani): mentre la voce, cui fa riferimento il cartiglio, si riferisce al Dizionario dei pittori italiani pubblicato a Città di Castello da Antonietta Maria Bessone Aurelj nel 1915, di cui ci furono successive edizioni, come nel 1926 e 1928.

Dopo i brillanti esordi romani, che lo avevano visto attivo a Palazzo Altieri per cui affrescò la volta della Sala Pompeiana con Le nozze di Amore e Psiche e nella chiesa di Santa Maria della Morte a Civitavecchia con gli affreschi rappresentanti le Anime purganti, e l’attività per Ferdinando IV di Napoli, per il quale eseguì il dipinto Leda con Giove in sembianze di cigno, Errante si trasferì nel 1795 a Milano, fuggito da caserta essendo stato accusato di aver cospirato contro il re.

Il periodo trascorso a Milano fu il più brillante della sua carriera, per i rapporti speciali intercorsi con Giuseppe Bossi e l’importanza delle opere eseguite, come il grande dipinto perduto ispirato alla storia greca Il concorso della bellezza eseguito per il maggior collezionista dell’epoca Giovanni Battista Sommariva, o i quadri, di soggetto mitologico e allegorico, presentati all’Esposizione organizzata a Brera nel 1805 in occasione dell’incoronazione di Napoleone a Re d’Italia. Il più ammirato fu il Conte Ugolino e i suoi figli nella torre, non più rintracciato ma noto attraverso un’incisione, dove anticipava il gusto romantico proponendo il celebre tema dantesco. Tra i dipinti allegorici che celebravano Napoleone va ricordato quello eseguito per Sommariva nel 1801 rappresentante Napoleone come Ercole pacificatore (Allegoria della Repubblica Cisalpina), oggi conservato al Mesée National des Chateaux de Malmaison et Bois-Préau (Napoleone e la Repubblica Italia 1802-1805, catalogo della mostra a cura di C. Capra, F. Della Peruta, F. Mazzocca, Milano 2002, pp. 112, 169-170). Con il trasferimento nel 1810 a Napoli, dove Gioacchino Murat lo aveva chiamato per dirigere l’Accademia di Belle Arti e dove rimarrà per dieci anni, la sua attività pittorica si va esaurendo.

Anche per quanto riguarda la produzione dei ritratti, molti di quelli documentati dal Cancellieri, che ne vla “più espressiva rassomiglianza”, sono andati perduti, per cui è significativo il recupero di questo bellissimo Autoritratto, tanto più raro in quanto sappiamo sempre dal Cancellieri che era un personaggio molto schivo, alieno dalle lodi e dall’auto-celebrazione, tanto da dichiarare che “per fare il Ritratto, provai sempre ripugnanza”. Il suo valore come ritrattista è confermato da un capolavoro del genere, nell’ambito del Neoclassicismo italiano, come lo straordinario Ritratto della nobile Francesca Ghirardi Lechi con la figlia Carolina del 1800-1801 (Modena, collezione Antonia Tonci Rizzi), dove è immortalata una delle bellezze dell’epoca, una donna ammirata dal giovane Stendhal e raffigurata anche da Appiani (Napoleone e la Repubblica Italiana cit., pp. 135, 185). Questo dipinto è caratterizzato da una morbida grazia e sensualità, che rimandano al Correggio che fu un modello per Errante, e da una calda luce dorata che ritroviamo anche nel nostro Autoritratto.

Per la giovane età che il pittore vi dimostra, questo dipinto dovrebbe risalire alla fine degli anni ottanta del Settecento, quindi a ridosso dei primi successi ottenuti tra Roma e Napoli. L’impianto dell’immagine, determinato anche dalla scelta di raffigurarsi vestito all’antica e non in abito contemporaneo, ha qualcosa di eroico. L’artista appare fiero della propria bellezza e giovinezza, mentre esibisce un corpo modellato anche dall’esercizio della scherma in cui sappiamo che fu abilissimo.

La fisionomia ricorda quella, certamente idealizzata, con cui Errante compare nel busto inserito nel Monumento celebrativo realizzato nel 1831, su commissione della vedova, dallo scultore siciliano Leonardo Pennino, per la Chiesa di San Lorenzo, ora Duomo, di Trapani, dove ancora si trova. Con una soluzione, che ricorda le celebri stele di Canova, vi è rappresentata, sotto la veste di una figura femminile vestita all’antica, la Riconoscenza che osserva piangente il suo busto, mentre con la mano destra lo ha cinto con l’alloro della gloria.

Prof. Fernando Mazzocca

 

 

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