Il pittore Pelagio Palagi – o Pelagi – nacque a Bologna il 15 maggio 1775 e ricevette la prima formazione artistica presso l’Accademia Clementina, potendo contare della protezione e del sostegno del conte Carlo Filippo Aldrovandi Marescotti. Il suo esordio avvenne nel 1796 con gli affreschi di Palazzo Aldini Sanguinetti, dove decorò le sale di Enea e dello Zodiaco ed eseguì insieme a Vincenzo Martinelli le statue della stanza boschereccia. Al 1801 risale la prima commissione pubblica ricevuta dal pittore, il monumento in memoria di Odoardo Pepoli alla Certosa di Bologna, il primo di quattro realizzati entro il 1804. Nello stesso torno d’anni Palagi si accostò allo scenografo Antonio Basoli, che lo accolse in veste di collaboratore, realizzando numerosi studi prospettici e fantasie scenografiche in cui la tradizione emiliana si fonde con la citazione dall’Antico di gusto neoclassico e piranesiano.

Nel 1806 il pittore si trasferì a Roma dove frequentò l’Accademia di San Luca e si legò al circolo artistico gravitante intorno le figure di Vincenzo Camuccini e Antonio Canova, che lo indirizzarono verso la definizione di un lessico neoclassico nella sua accezione più eroica, e che diede vita a dipinti di soggetto storico e mitologico come Leonida di partenza per le Termopili (olio su tela, 1807, Bologna, Galleria d’Arte Moderna) e Mario sorpreso da Cimbro (olio su tela, 1810 ca., Bologna, Galleria d’Arte Moderna).

Al 1813 risalgono gli affreschi dell’artista in Palazzo Torlonia con le Storie di Teseo (distrutti con il palazzo nel 1901) e il completamento del dipinto rappresentante Cesare detta i Commentari a quattro segretari destinato agli appartamenti napoleonici nel Palazzo del Quirinale, che valsero al pittore l’elezione a membro dell’Accademia di San Luca. Nel 1815 Palagi si trasferì a Milano per insegnare pittura di storia presso l’Accademia di Brera, accostandosi al nuovo lessico hayeziano di gusto romantico che lo portò a preferire le tematiche storiche e medievali rispetto a quelle mitologiche, esemplificate da La partenza di Colombo (olio su tela, 1826, Milano, Pinacoteca di Brera). Con Francesco Hayez il pittore collaborò alla decorazione lasciata incompiuta dall’Appiani nella Sala della Lanterna in Palazzo reale, dove eseguì l’affresco con Vetturia e Coriolano (distrutto nel 1943).

Nel 1833 Palagi venne chiamato a Torino da Carlo Alberto di Savoia, che nel 1834 lo nominò direttore della Scuola d’Ornato dell’Accademia Albertina, delle raccolte albertine e architetto di corte. Numerosi furono infatti i suoi interventi di ammodernamento delle dimore e dei palazzi reali: si occupò degli ampliamenti del Castello Reale di Racconigi, dove fece edificare un tempietto dorico, della ristrutturazione del castello di Pollenzo e per Palazzo Reale progettò la Biblioteca, arredi e mobilia di alcune sale e fornì i disegni per le statue dei Dioscuri realizzate da Abbondio Sangiorgio.

Morì a Torino il 6 marzo 1860. 

Sebbene formatosi sulla scorta di un neoclassicismo romano già pienamente maturo e indirizzato verso uno stile eroico formalmente epurato, Palagi può essere considerato quale anticipatore della pittura storica e letteraria di argomento “nazionale”. Infatti il suo dipinto di gusto troubadour rappresentante Carlo VIII visita Gian Galeazzo Sforza morente nel castello di Pavia (olio su tela, 1816-1817, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), acquistatogli a Milano dal conte Alari, è almeno tre anni in anticipo rispetto al Pietro Rossi di Hayez, considerato dalla critica il manifesto della poetica romantica. D’altro canto certe visionarie inquietudini protoromantiche e libertà interpretative traspaiono anche nelle opere giovanili realizzate a Roma, dove a dipinti più severamente impostati come il Leonida condanna Cleombroto (olio su tela, 1807-1810, Bologna, Galleria d’Arte Moderna), in cui le suggestioni filosofiche si accompagnano a tonalità cromatiche sobrie valorizzate dall’esaltazione della linea di contorno, si affiancano quelli dal registro grazioso e leggero come Teseo e Piritoo rapiscono Elena (olio su tela, 1814 ca., Bologna, Galleria d’Arte Moderna), che esplode in una gaiezza cromatica coinvolgente.

Testimonianza di un’apertura del Palagi verso il recupero di moduli espressivi arcaistici, che di lì a breve sarebbero diventati caposaldo dei movimenti puristi, è il Ratto delle sabine (olio su tela, 1823-1825) transitato presso la Galleria.

Nel genere del ritratto Palagi si mostrò assai affine agli esiti figurativi hayeziani, come testimonia il Ritratto virile transitato presso la Galleria, appartenente al periodo milanese dell’artista caratterizzato da un più vivo interesse alla trascrizione del vero naturale, scostandosi dall’iniziale impostazione rigida legata alla tradizione della ritrattistica ufficiale riscontrabile nel Ritratto di Carlo Cattaneo (olio su tela, 1810, Milano, Pinacoteca di Brera).

Pelagio Palagi - Ritratto virile

Pelagio Palagi – Ritratto virile

Opera non disponibile   Pelagio Palagi (Bologna 1775 – Torino 1860) Ritratto virile Olio su tela, cm. 47 x 39 L’opera, non firmata, è stata attribuita a Palagi da Fernando Mazzocca che ne ha individuato lo stretto legame con la sua ritrattistica del primo periodo milanese. Prima di affermarsi, attraverso le rassegne di Brera, come…