Tra i più celebri rappresentanti dell’arte italiana del XIX secolo, il pittore Francesco Hayez nacque a Venezia il 10 febbraio 1791 e all’età di sei anni venne affidato ad una zia materna sposata con un antiquario e restauratore genovese, Giovanni Binasco, che si occupò della sua prima formazione artistica. Dopo un breve apprendistato presso l’oscuro Zanotti, alla morte di questi il pittore proseguì gli insegnamenti presso Francesco Maggiotto, che lo indirizzò verso lo studio dei gessi della Galleria di Filippo Farsetti riproducenti le più celebri sculture antiche. A partire dal 1803 Hayez iniziò a frequentare i corsi di nudo dell’Accademia Veneta di Pittura, Scultura e Architettura, vincendo due anni dopo il primo premio per il disegno del nudo, mentre nel 1806 un suo modello in creta gli valse la vittoria del primo premio di scultura. Nel 1807 il Nostro eseguì le prime opere autonome, tra cui l’Adorazione dei pastori per la parrocchiale di Lussin Grande in Dalmazia, che gli permisero di iniziare a farsi apprezzare da critici e pubblico, finché grazie a Leopoldo Cicognara, che nello stesso anno aveva ottenuto la presidenza della neoriformata Accademia, nel 1809 vinse il concorso per il pensionato romano insieme a Giuseppe De Min e Vincenzo Baldacci. Giunto nell’Urbe il pittore frequentò l’Accademia del Regno d’Italia, posta sotto la diretta supervisione di Canova, nonché lo studio dello scultore, che sarà fondamentale per la sua maturazione stilistica. Seguirono mesi di intenso studio sulla statuaria antica e sui grandi maestri, in particolare Raffaello, che gli permisero nel 1812, invitato a partecipare da Canova e Cicognara, di vincere il primo premio al concorso indetto dall’Accademia di Brera con il Laocoonte (olio su tela, Milano, Accademia di Brera). L’anno seguente Hayez ottenne il premio come alunno più meritevole dell’Accademia inviando come saggio del quarto anno di pensionato il dipinto raffigurante Rinaldo e Armida (olio su tela, 1812-1813, Venezia, Gallerie dell’Accademia) in cui già possono scorgersi i protomi dell’imminente svolta romantica. Costretto ad abbandonare momentaneamente Roma per faccende sentimentali, il pittore soggiornò a Firenze su invito di Canova, dove frequentò Fabre, Collignon e Sabatelli, per poi spostarsi a Napoli e ricevere numerose commissioni da Gioacchino Murat, tra cui quella dell’Ulisse alla corte di Alcinoo (olio su tela, 1814, Napoli, Museo di Capodimonte).

Al Concorso dell’Anonimo del 1815 Hayez si impose con il dipinto avente per soggetto un Atleta vincitore (olio su tela, Roma, Accademia di San Luca), liberamente ispirato all’Apollo del Belvedere, mentre l’anno seguente viene coinvolto da Canova nella decorazione della Galleria Chiaramonti del Museo Pio-Clementino, dove eseguì gli affreschi nelle lunette con Il ritorno delle opere requisite dai francesi. Nel 1817 Hayez si trasferì a Venezia dove eseguì, su richiesta del Cicognara, La pietà di Ezechia quale omaggio delle Provincie Venete all’imperatrice Carolina Augusta, iniziando l’anno seguente un’intensa attività di frescante svolta a fianco di De Min, con il quale collaborò nella decorazione delle dimore del patriziato locale. Nominato supplente di Luigi Sabatelli alla cattedra di pittura dell’Accademia di Brera nel 1821, il pittore si trasferì a Milano, dove espose con regolare frequenza le sue opere alle rassegne braidensi: nel 1822 è presente con i dipinti Ajace Oileo e I Vespri Siciliani, commissionatogli dalla marchesa Vittoria d’Aragona Trivulzio Gherardini; nel 1823 espone L’ultimo bacio tra Giulietta e Romeo (olio su tela, Tremezzo, Villa Carlotta). Nel 1830 invece il suo Venere che scherza con due colombe suscitò scandalo per la sua esplicita sensualità, considerando anche che il pubblico riconobbe nella modella la procace ballerina Carlotta Chabert, amante del committente del dipinto.

Dopo i viaggi a Vienna, dove nel 1837 conobbe il principe di Metternich, e a Monaco, dove l’anno seguente strinse amicizia con Cornelius e Heinrich von Hess, il pittore eseguì l’affresco con l’Allegoria dell’ordine politico di Ferdinando I d’Austria sulla volta della Sala delle Cariatidi in Palazzo Reale (distrutto). Nel 1849 l’artista, dopo aver eseguito la grande tela con la Sete dei crociati (olio su tela, Torino, Palazzo Reale), venne decorato dal re di Sardegna con le insegne dell’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, mentre all’anno successivo risale la nomina a professore ordinario di pittura presso l’Accademia di Brera.

Nel 1859 Hayez espose a Brera quella che è non solo tra le sue opere più celebri, ma tra le più ammirate dell’Ottocento, Il bacio (olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera), la cui seconda versione sarà inviata all’Esposizione Universale di Parigi del 1867.

Morì a Milano il 21 dicembre 1882. 

Di formazione accademica, che a seguito del soggiorno romano si volse in direzione di un neoclassicismo dai vibranti valori cromatici, Hayez viene considerato come il principale esponente e caposcuola della corrente romantica, il fondatore di un nuovo linguaggio con il quale molti artisti saranno obbligati a confrontarsi.

La Galleria Carlo Virgilio ha presentato il bozzetto del dipinto con cui Hayez vinse il Concorso dell’Anonimo del 1815, l’Atleta vincitore, liberamente ispirato dall’Apollo del Belvedere, opera che testimonia le notevoli qualità tecniche di un pittore ancora giovane, ma oramai maturo e pronto ad intraprendere quella brillante carriera che lo renderà famoso in tutta Europa.

Del 1820 è il dipinto esposto all’Accademia di Brera rappresentante Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri (olio su tela, Milano, collezione privata), tra le prime opere di pieno gusto romantico, che testimonia della lungimiranza dell’artista nel saper interpretare in pittura le istanze espresse dal romanzo storico e dal melodramma. Il soggetto medievale, tratto dalla Storia delle Repubbliche Italiane del Sismondo, si prestava difatti ad una rievocazione del passato nazionale che al tempo coinvolgeva un vasto pubblico, tanto che il dipinto venne conteso dai più noti aristocratici liberali milanesi come Giorgio Pallavicino Trivulzio, Carlo De Castilia e Francesco Teodoro Arese.

Tra le opere più fortunate dell’Hayez e tra i dipinti più celebri dell’Ottocento italiano, anche perché replicato in tre occasioni – la prima è del 1822, mentre una seconda versione venne eseguita nel 1826 – I Vespri Siciliani (1846, olio su tela, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) costarono al pittore accuse d’incitamento alla ribellione contro l’occupazione straniera. Commissionata nel 1844 da Vincenzo Ruffo, quest’ultima replica si discosta dalle precedenti per una maggiore riflessione delle esperienze maturate a contatto con le novità puriste, riscontrabile nel rigore del disegno, di matrice toscana, e nella calibrata regia cromatico-luministica.

Splendida testimonianza dell’ultima fase della lunga carriera dell’Hayez è la Giovane suora. Studio dal vero (olio su tela, 1879) transitata presso la nostra Galleria, presentata alla retrospettiva milanese dedicata all’artista ad un anno dalla sua dipartita, in cui la giovane novizia è indagata con straordinaria finezza d’introspezione psicologica.