Il pittore Gioacchino Toma nacque a Galatina, in provincia di Lecce, il 24 gennaio 1836, e rimasto presto orfano, si formò presso l’Ospizio dei poveri di Giovinazzo. Nel 1855 l’artista si trasferì a Napoli ed iniziò a lavorare come pittore ornamentalista al servizio di Alessandro Fergola, per il quale realizzò prevalentemente tende da finestra decorate con arabeschi, paesaggi e figure.

Ritenuto a torto un cospiratore antiborbonico, Toma fu condannato all’esilio di diciotto mesi a Piedimonte d’Alife, dove entrò in contatto con alcuni circoli reazionari e venne introdotto alla Carboneria, sostentandosi grazie alla realizzazione di Madonne e Santi. Con la cacciata dei Borbone il pittore fece ritorno a Napoli e prese a frequentare l’Accademia di Belle Arti della città, presentando all’Esposizione borbonica del 1859 il dipinto Erminia del Tasso (olio su tela, Napoli, Palazzo Reale), acquistato dal governo per 100 scudi.

Arruolatosi nel 1860 nella Legione di Garibaldi, l’artista abbandonò poco dopo la pittura accademica spinto dal forte bisogno di narrare la realtà circostante (I figli del popolo, olio su tela 1862, Bari, Pinacoteca Provinciale), vivendo poi in disparte per circa un decennio, di cui niente sappiamo, se non che insegnò disegno nell’Ospizio Femminile San Vincenzo Ferreri di Napoli.

Nel 1877 il pittore presentò all’Esposizione Nazionale di Napoli Il viatico dell’orfana (olio su tela, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), la Ruota dei trovatelli e Messa in casa (olio su tela, Napoli, Castelnuovo), tutti accolti piuttosto freddamente dalla critica. Tuttavia l’anno seguente Toma riuscì ad ottenere una cattedra all’Accademia di Belle Arti, esponendo poi con regolarità le sue opere in occasione delle Promotrici di S. Rosa.

Morì a Napoli nel gennaio del 1891.

Divenuto celebre per i suoi dipinti dedicati a tematiche sociali e caratterizzati da un fare malinconico, intimista e dimesso, che portarono la critica contemporanea a definirlo “poeta del grigio”, la poetica figurativa del pittore può apprezzarsi in dipinti come Luisa Sanfelice in carcere (olio su tela, 1874-1875, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), tra le opere più note dell’Ottocento italiano, presentata alla mostra monografica postuma su Toma curata dalla Società Cultori e Amatori di Belle Arti di Roma nel 1905 e alla Biennale di Venezia del 1928. Nel dipinto la donna è raffigurata incinta, intenta a cucire per il nascituro, la gamma cromatica scarna giocata sui bianchi pastosi e i toni del bruno. Una prima versione del tema, in cui la Sanfelice è rappresentata sulla sinistra (olio su tela, Napoli, Museo di Capodimonte) fu esposta alla Promotrice di Napoli del 1874.