Nato a Berlino il 19 dicembre 1813 da Natale, maestro di cappella alla corte di Prussia, il pittore Luigi Mussini venne avviato all’arte dal fratello Cesare, già studente presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. A partire dal 1830 il Nostro iniziò a seguire i corsi della stessa istituzione sotto la guida di Pietro Benvenuti e Giuseppe Bezzuoli, in seno alla quale, nonostante la precoce insofferenza, riuscì ad ottenere numerosi riconoscimenti: sia nel bozzetto d’invenzione, come nel concorso del 1834, sia in pittura, quando nel 1836 espose Samuele unge David re d’Israele (perduto). La prova per il concorso triennale accademico del 1837, vertente sul tema di Cristo scaccia i profanatori dal tempio, venne presentata dal pittore in ritardo, l’anno successivo, a causa della morte del padre, ma una volta esposta riscosse entusiasti consensi e venne acquistata dal marchese Filippo Ala Ponzoni. Con il bozzetto raffigurante Enea che fugge da Troia l’artista vinse il pensionato dell’Accademia di Firenze nel 1840, potendo così stabilirsi a Roma per quattro anni, dove poté incontrare per la prima volta Ingres. Tornato a Firenze nel 1844 Mussini dipinse Il trionfo della Verità (olio su tela, Milano, Accademia di Brera), ispirato alla Scuola di Atene di Raffaello, acquistato ancora incompiuto da Ala Ponzoni, che poi chiese al pittore di seguirlo a Napoli, dove stettero fino alla primavera dell’anno successivo. Nel 1848 Mussini prese parte come volontario ai moti rivoluzionari ponendo fine alla collaborazione con il collega svizzero Franz von Stürler, conosciuto a Roma e con il quale aveva aperto nel 1845 una scuola privata, per poi trasferirsi a Parigi disgustato dalle speranze libertarie disattese. Nella capitale francese il pittore si ricongiunse con il suo ammiratore e mecenate Ala Ponzoni e poté riallacciare i rapporti con Ingres, realizzando inoltre per il governo francese una replica de La musica sacra e I parentali di Platone (olio su tela, 1850, Bourg en Bresse, Musée de Brou). Nel frattempo, rimasta vacante per la morte di Francesco Nenci la direzione dell’Istituto di Belle Arti di Siena, gli amici di Mussini si adoperarono affinché la carica fosse assegnata al Nostro, che infine accettò e nel novembre 1851 fece ritorno nella sua città.

Questi anni della maturità videro l’abbandono da parte del pittore degli iniziali primitivismi nazareni per volgere le ricerche formali e stilistiche verso un nuovo linguaggio figurativo basato sull’esempio dei maestri del primo Rinascimento, in accordo a quanto promosso da Ingres, confluito in dipinti come L’odalisca (olio su tela, 1862, Milano, Accademia di Brera) e L’educazione spartana (olio su tela, 1869, Montauban, Musée Ingres).

Nel 1880 Mussini pubblicò, su suggerimento dell’amico Cesare Guasti, Scritti d’arte, seguiti nel 1888 da Di palo in frasca. Pensieri di un artista, in cui confluirono articoli editi su vari giornali e le relazioni che dal 1859 aveva inviato a Parigi in qualità di corrispondente dell’Académie des Beaux-Arts.

Morì a Siena il 18 giugno 1888. 

In un lessico di stretta osservanza purista sorretto da capacità tecniche di superba qualità, Mussini seppe fare propria la lezione dei maestri avuti a Firenze, Benvenuti e Bezzuoli, rendendola più moderna e attenta ai nuovi valori estetici grazie alla sapiente meditazione sull’opera di Ingres e sulla pittura quattrocentesca. Tali caratteristiche sono particolarmente apprezzabili in uno dei capolavori del pittore, La musica sacra (olio su tela, 1841, Firenze, Gallerie dell’Accademia), che viene utilizzata spesso come manifesto di tutta la pittura purista ottocentesca. Eseguita a Roma e inviata a Firenze come prova del primo anno di pensionato, l’opera è velatamente ispirata al Perugino, e dichiara l’aderenza del pittore ad un lessico di rigoroso lirismo formale

Per quanto riguarda la pittura di carattere storico, tra le più alte vette raggiunte dal Nostro può citarsi il dipinto che rappresenta l’episodio in cui Leonardo da Cutro e Ruy Lopez giocano a scacchi alla corte di Spagna (olio su tela, 1871, Siena, Museo di San Donato), sorprendente per la descrizione minuziosa degli ambienti e per la resa, filologicamente pensata ed attenta a ogni minimo dettaglio, degli abiti.

Attivo anche nella produzione pittorica di carattere sacro, attesa soprattutto per luoghi della sua “patria”, la tela con San Crescenzio che rende la vista a una cieca mentre è condotto al martirio, terminata nel 1868 dopo quasi un decennio di lavoro e destinata alla cattedrale di Siena, è ispirata al Martirio di san Sinforiano di Ingres e si palesa come un saggio delle più elevate aspirazioni in chiave monumentale del pittore.