Il pittore Vincenzo Irolli nacque a Napoli il 30 settembre 1860 e si iscrisse a diciassette anni all’Accademia di Belle Arti partenopea sotto la guida di Gioacchino Toma, Federico Maldarelli e Stanislao Lista, esordendo nel 1878 con il Ritratto di Raffaele Izzo, che meritò le lodi di Domenico Morelli colpito dall’ardita tavolozza. A partire dall’anno seguente il pittore espose con regolarità alle Promotrici di Belle Arti napoletane, presentando nel 1789 il dipinto Felice rimembranza, nel 1885 Per l’onomastico dello zio, Impressione del contrabbassista Franchi e Si diventa così. Irolli fu presente anche all’Esposizione Nazionale di Venezia del 1887 con tre opere (Dal vero, Chiaroscuro e Studio) e all’Esposizione Italiana di Londra del 1888 con due Studi.

Tra il 1889 e il 1890 l’artista partecipò insieme a Luca Postiglione, Vincenzo Caprile, Vincenzo Volpe, Gaetano Esposito e Vincenzo Migliaro alla decorazione della Birreria Gambrinus, eseguendo il riquadro con Piedigrotta.

Irolli godé di una smisurata fortuna e considerazione all’estero, specialmente in Francia, dove era considerato il pittore del sole, tanto che venne invitato a partecipare al Salon del 1907 e al Salon d’Automne del 1909, occasione in cui la sua opera Spannocchiatrici venne acquistata dal Comune per il Museo Municipale degli Champs-Elisées. In Italia al contrario il pittore dovette scontrarsi con la critica vicina al gruppo Novecento, a lui avversa, e finì così per essere stroncato da Ardengo Soffici e dai circoli intellettuali del Paese, che lo consideravano un artista superficiale venduto al soldo della borghesia incolta. Le molte critiche negative non riuscirono in ogni caso a contrastare i successi dell’artista, culminati con la personale tenutasi a Bari nel 1933 in cui le sue opere vennero letteralmente saccheggiate dai collezionisti, dando seguito ai numerosi consensi ottenuti partecipando negli anni ’90 del secolo precedente alle più prestigiose rassegne europee, da quelle a Monaco di Baviera e a Berlino fino alle promotrici di Torino.

Morì a Napoli il 27 novembre 1949.

Tra i più vitali e apprezzati pittori del secondo Ottocento italiano, il lessico dell’Irolli si sostanziò attraverso un cromatismo debordante e una pennellata densa e veloce, capace di catturare la luce e donare alle opere un’aria frivola e accattivante, funzionale ad un’arte dal carattere decorativo.

Temi privilegiati dal pittore furono i sentimenti di tenero affetto espressi dalle madri verso i propri figli, la vitalità del popolo napoletano indagata nella sua semplice quotidianità e l’innocente spensieratezza dell’infanzia, apprezzabili in dipinti come La prima comunione (olio su tela, Trieste, Museo Revoltella) e Bimba con tacchino (olio su tela, 1930, Avellino, Museo d’Arte), caratterizzati da quella materia sfrangiata e pulviscolare priva di contorni che l’artista mutuò da Antonio Mancini.