Il pittore Angelo Inganni nacque a Brescia il 24 novembre 1807 da Giovanni, modesto pittore che lo avviò, insieme al fratello Francesco, all’attività decorativa. A causa dei problemi finanziari e per provvedere all’infermità della madre, che morirà nel 1823, Inganni fu costretto ad implementare i guadagni dell’impresa familiare dipingendo ritratti e immagini sacre per le chiese di paese. Chiamato alle armi nel 1827 il pittore riuscì a guadagnarsi la stima del generale Radetzky schizzandone un ritratto, cosicché lo dispensò dal servizio militare e si assicurò che il giovane ottenesse la miglior formazione artistica possibile facendolo ammettere all’Accademia di Brera. A partire dal 1833 Inganni seguì dunque i corsi di Luigi Sabatelli, Giovanni Migliara e Pelagio Palagi insieme a Domenico Induno e Mauro Conconi, esordendo l’anno successivo all’esposizione annuale con due ritratti, un’Evoluzione militare nell’accampamento di Medole e Castiglione (olio su tela, Vienna, Heeresgeschichtliches Museum) commissionatagli da Radetzky e le prime vedute di Milano, tema a cui dedicherà gran parte delle proprie ricerche figurative. La critica, specialmente nella figura di Cesare Cantù, apprezzò molto le qualità del pittore nella precisione della resa dei particolari cittadini e nella capacità prospettica, giudizi riconfermati nel 1834 quando l’artista presentò una veduta con La chiesa di San Marco a Milano e una Copia del Laocoonte di Hayez (olio su tela, Brescia, Galleria d’Arte Moderna). Ciò che maggiormente affascinò il pubblico milanese fu la tendenza di Inganni ad inserire nelle scene amici, committenti e colleghi, creando quasi un mosaico della realtà attuale, come nel caso del dipinto raffigurante la Veduta di Casa Medici al Ponte Nuovo di San Marco, realizzata per l’amico e mecenate Francesco Medici ed esposta a Brera nel 1837. Nel 1840 il pittore si recò a Venezia dove dipinse una Veduta di Piazza San Marco (olio su tela, Trieste, Museo Revoltella), esposta nello stesso anno a Brera, e iniziò ad interessarsi ad un nuovo filone tematico, legato alla tradizione popolare bresciana, di cui fanno parte Una famiglia di contadini bresciani, lo Spazzacamino e Filatrici in una stalla (olio su tela, 1843, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo). Al 1845 risalgono gli affreschi eseguiti dal pittore sulla lunetta della porta centrale della chiesa di San Marco, ai quali seguirono quelli per la cupola di San Carlo, ultimati nel 1865. Nello stesso anno Inganni presentò a Brera per la prima volta un dipinto appartenente ad una nuova variante sui già collaudati paesaggi urbani, quello della veduta innevata, che godrà di vasta fortuna, come testimoniato dal dipinto richiestogli dal marchese Filippo Villani raffigurante Piazza Borromeo sotto la neve (olio su tela, 1846, Milano, Museo di Milano), esposto a Brera nel 1847. Durante gli eventi del biennio 1848-49 il pittore si ritirò a Brescia con quella che nel 1859 diventerà la sua seconda moglie, la pittrice Amanzia Guérillot, dedicandosi a nuovi soggetti di “genere moderno”, dipingendo quadri come Contadina illuminata a luce di lucerna e I fabbricieri di una chiesa di campagna, presentati all’annuale di Brera del 1850. Nel 1853 Inganni presenziò all’esposizione di Parigi con la Veduta di Piazza del Duomo col Coperto dei Figini, donata a Napoleone III.

Con la morte della prima moglie occorsa nel 1857 Inganni si trasferì definitivamente a Gussago presso il nobile Paolo Richiedei, divenendo di fatto il pittore ufficiale della famiglia, per la quale esegue Il giardino della villa Richiedei alla Santissima di Gussago (olio su tela, 1858 ca., Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo) e le due pale d’altare per la parrocchiale della cittadina rappresentanti La deposizione della croce e Un gruppo di santi.

Morì a Gussago il 2 dicembre 1880.

Tra i vedutisti più famosi ed apprezzati del XIX secolo, le specifiche qualità prospettiche e descrittive di Inganni possono ammirarsi nella grande tela con la Veduta sulla Piazza del Duomo (olio su tela, 1838, Milano, Museo di Milano), realizzata per Ambrogio Uboldo e considerata dalla critica tra le sue migliori opere. Il dipinto, esposto alla rassegna braidense del 1838, fu ammirato per l’elevata precisione architettonica e la puntigliosa caratterizzazione dei personaggi che lo connaturano, tanto che ne venne realizzata una replica richiesta direttamente dall’imperatore Ferdinando I.

In merito alla produzione del pittore relativa al genere del ritratto, può qui citarsi il doppio Ritratto di Luigi Basiletti e Paolo Richiedei (olio su tela, 1857, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo), elegante e raffinato nella descrizione degli ambienti, che esaltano lo stato sociale degli effigiati, ma estremamente naturalistico e spontaneo nella caratterizzazione dei personaggi.