Il pittore, critico d’arte e mercante Vittore Grubicy De Dragon nacque a Milano il 19 ottobre 1851 da una famiglia di nobili origini, e dopo una prima esperienza londinese incominciata nel 1870 al servizio di una galleria milanese, a partire dal 1876 diede avvio ad una brillante carriera come mercante al fianco del fratello Alberto, rilevando la Galleria Pedro Nessi & C.
Fondamentale per i futuri sviluppi figurativi del pittore fu il soggiorno in Olanda consumato tra il 1882 e il 1885, dove l’artista poté entrare in contatto con i pittori della Scuola dell’Aja, attraverso i quali conobbe l’opera dei barbizonniérs. Particolarmente stretto risultò il legame con Anton Mauve, che nel 1884 impartì al Grubicy le prime lezioni di pittura.
Il pittore iniziò tuttavia a dedicarsi assiduamente alla pratica artistica a partire dal 1889, a seguito dell’insanabile rottura con il fratello Alberto, anno in cui espose circa venti opere in occasione della mostra natalizia della Società per Artisti e Patriottica di Milano.
Nel 1894 Grubicy si recò a Ganna per i funerali dell’amico scultore Giuseppe Grandi, evento che lo scosse emotivamente, tanto che decise di trarne nell’immediato delle opere, come Il cimitero di Ganna (olio su tela, 1894, Verbania-Pallanza, Museo del Paesaggio) e Che pace a Ganna (olio su tela, 1894, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). In quello stesso anno l’artista aveva iniziato la serie L’inverno in montagna (olio su tela, Milano, Galleria d’Arte Moderna), un ciclo che aveva lo scopo di illustrare una sorta di poema panteistico, esposto al VI Salon de la Libre Esthétique di Bruxelles del 1899, alla Secessione di Monaco, a Colonia e a Düsseldorf. Lo stesso Grubicy propose poi la serie per l’Esposizione Universale di Parigi del 1900, che però non venne accolta, e continuò a lavorarci, aggiungendo nuovi quadri, fino al 1913, quando tentò invano di presentarla alla mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma del 1914.
Nel 1895 il pittore partecipò alla I Biennale di Venezia con alcune acqueforti, mentre l’anno successivo presenziò alla I Triennale di Torino sia in veste di espositore che di critico d’arte, redigendo alcuni saggi per il catalogo.
A causa di una grave nevrosi nel 1898 il pittore fu costretto a rallentare l’attività pittorica, occupandosi fondamentalmente della revisione di vecchi dipinti, pur continuando ad interpretare quel ruolo di stimolatore della scena artistica milanese, da cui emerse l’erede spirituale Benvenuto Benvenuti.

Morì a Milano l’8 agosto 1920.

Ritenuto una figura pionieristica in riferimento al mercato dell’arte – può infatti ritenersi il “fautore” di Segantini -, dal punto di vista pittorico Grubicy partì dalla lezione dell’osservazione del dato naturale in chiave emotiva e sentimentale dei maestri di Barbizon per giungere ad una pittura di paesaggio dalla tecnica divisionista minuziosa e precisa. Caratteristiche che si possono apprezzare nel quadro Inverno in montagna (olio su tela, 1898-1903, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), in cui piccoli tocchi di pennello sapientemente accostati esaltano le vibrazioni luministiche.