Nato a Vasto il 7 dicembre 1883, dopo essersi formato come ebanista presso la Scuola di Arti e Mestieri di Chieti, nel 1907 il pittore Nicola Galante si trasferisce a Torino dove avvia un’attività artigianale. A partire dal 1910 l’artista inizia a collaborare con la rivista “L’artista moderno”, occasione che gli permette di conoscere il disegnatore Seidel, che gli chiede di illustrare il suo testo Torino mia. Impressioni di uno straniero. A seguito del suicidio di Seidel nel 1913, Galante inizia una proficua collaborazione con Ardengo Soffici, che a partire dal 1915 gli fa pubblicare due xilografie su “Lacerba”. Intanto nel 1914 il pittore aveva partecipato alla rassegna internazionale d’incisione di Stoccolma promossa da “L’Eroica”, che lo definisce artista futurista; mentre l’anno seguente è presente alla III Mostra della Secessione romana.
La prima personale di Galante si tiene nel 1920 al Chelsea Art Club di Londra, seguita dalla rassegna organizzata presso la Casa d’Arte Italiana di Roma curata da Enrico Prampolini; mentre l’esordio come pittore risale al 1923, quando espone alla Quadriennale della Promotrice di Torino insieme a Carrà, De Chirico, Levi e Chessa in una sala organizzata da Felice Casorati.
Nel 1926 Lionello Venturi, figura di primo piano che fornì grandi stimoli culturali alla Torino di quegli anni, utilizza per il frontespizio del Gusto dei Primitivi l’ex libris che Galante gli aveva inciso poco prima. Proprio grazie ai rapporti con lo studioso il Nostro riesce a partecipare alla mostra Artistes Italiens Contemporains organizzata nel 1927 presso il Musée Rath di Ginevra, considerata la premessa dell’avvento del “gruppo dei Sei”, dove Galante presenta un Torso di Venere allo specchio (olio su tela, 1924, collezione privata). Con il gruppo il pittore espone nel gennaio 1929 presso la Casa d’Arte Guglielmi di Torino, bissando qualche mese dopo alla Galleria Bardi di Milano, dove tra le altre opere presenta Paese per la casetta (Vasto) (olio su tela, 1929, collezione Giuseppe Iannaccone). Dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1930 il gruppo inizia a disgregarsi, e Galante intraprende un percorso di ricerca in completo isolamento, modificando il suo linguaggio approdando ad una pittura fatta di gamme squillanti e colori puri stesi per campiture piatte, come in Pesci e ventaglio (olio su tela, 1955, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna).
Muore a Torino il 5 dicembre 1969.
Perfezionatosi nella tecnica incisoria della xilografia, nella quale venne ritenuto tra i più talentuosi ed originali interpreti a livello europeo, Galante dimostrò di saper attingere a diversi linguaggi figurativi, dall’impressionismo di matrice cezanniana, come nel caso di Paesaggio senza cielo, al cubismo di Paese sulla riva del Po fino al futurismo di Espansioni. In dipinti come Collina di Cavoretto (olio su tela, 1930, Torino, Galleria d’Arte Moderna) possono leggersi echi del post-impressionismo francese nella solida e semplice sintesi strutturale, e cogliere quella personalissima e semplice ispirazione etica della sua pittura nel rapporto genuino con la sua terra.