Nato a Montefiore dell’Aso il 6 gennaio 1874, il pittore, incisore e illustratore Adolfo De Carolis dal 1888 al 1892 frequenta i corsi dell’Accademia Clementina sotto la guida di Domenico Ferri. Grazie ad una borsa di studio concessagli dal Collegio dei Piceni nel 1893 l’artista si trasferì a Roma per frequentare la Scuola di Decorazione Pittorica annessa al Museo Artistico Industriale, avendo come maestro Alessandro Morani, con il quale collabora nel 1895 ai restauri dell’appartamento Borgia nel Palazzo Vaticano e alle decorazioni delle ville Manzi e Blanc. Nel 1893 De Carolis ottiene un premio per il saggio finale del Regio Istituto di Belle Arti e riceve una medaglia d’oro dal Museo Artistico Industriale. In quegli stessi anni il pittore divenne amico di Nino Costa e si avvicinò al gruppo “In Arte Libertas”, divenendone membro effettivo nel 1897 ed esponendo con il gruppo alla mostra annuale alcune opere allegoriche d’ascendenza preraffaellita, come Primo vere (olio su tela, Zurigo, collezione privata). Di questo periodo, in cui De Carolis si dedica con costanza all’incisione, sono Primavera (1897) e Donna alla fontana (1898) e Concerto (1900)
A partire dal 1897 l’artista è impegnato nella decorazione di Villa Brancadoro a San Benedetto del Tronto, che lo tenne occupato fino al 1904, dove realizza ampi paesaggi en plein air con tonalità delicate. La svolta professionale del pittore si concretizza con l’avvento del nuovo secolo, quando vince il concorso Alinari grazie al dipinto Laudata sii per la bella luce che desti in terra per poi trasferirsi nel 1901 a Firenze, dove riceve la cattedra presso l’Accademia di Belle Arti e diventa amico di Pascoli, per il quale illustra, tra le altre raccolte di poesie, Myricae e Odi e Inni. L’anno seguente l’artista inizia la collaborazione anche con Gabriele d’Annunzio illustrando Francesca da Rimini, sposa Lina Ciucci e realizza la testata della rivista “Leonardo” utilizzando per la prima volta la xilografia.
Del 1906 è l’inizio della decorazione che De Carolis esegue nel Salone delle Feste del Palazzo della Provincia di Ascoli Piceno, dove dispiega un ciclo con scene mitologiche dal vigore michelangiolesco declinato attraverso la poetica Liberty.
Nel 1915 il pittore ottiene la cattedra di decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e dall’anno seguente inizia a lavorare agli affreschi dell’Aula Magna dell’Università di Pisa, andati distrutti durante il secondo conflitto mondiale.
Muore a Roma il 7 febbraio 1928.

Indirizzatosi verso un linguaggio di stretta osservanza preraffaellita, come dimostra il dipinto Primavera (olio su tela, 1899 ca., Urbino, Galleria Nazionale delle Marche), che denuncia echi nomelliniani nella scelta cromatica e nell’attenzione data all’ambientazione naturale, il pittore si accostò con sempre maggior interesse alla mitologia e ai simboli, intesi come fonti vitali per l’immaginazione. Tali caratteristiche formali, tematiche ed estetico-filosofiche sono al meglio racchiuse in dipinti come Le Castalidi (olio su tela, 1905, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), presentato alla Biennale di Venezia del 1905, che testimonia la profonda influenza di Burne-Jones – si vedano le fattezze androgine degli angeli – e un sincretismo tra l’ereditĂ  di Botticelli e le novitĂ  ideiste di Puvis de Chavannes – specialmente nell’utilizzo di partiti decorativi dorati.