Il pittore Vittorio Matteo Corcos nacque a Livorno il 4 ottobre 1859 e avviò la propria carriera artistica frequentando l’Accademia di Belle Arti di Firenze, per poi abbandonare gli studi a causa dell’insoddisfazione nei confronti degli insegnamenti del maestro Enrico Pollastrini. Così a cavallo tra 1878 e 1879 l’artista si trasferì a Napoli grazie ad una borsa di studio concessagli dal Comune di Livorno per abbracciare le novità morelliane, cimentandosi in soggetti orientalisti e utilizzando pennellate sciolte e vibranti, come nel caso dell’Arabo in preghiera (olio su tela, Napoli, Museo di Capodimonte) esposto alla Promotrice di Napoli del 1880 e acquistato da re Umberto I. In quello stesso anno e proprio su suggerimento di Morelli il pittore si trasferì a Parigi, entrando in contatto con Giuseppe De Nittis, che lo presentò a Monet e Degas, e venendo inserito all’interno della scuderia del noto mercante Goupil. Durante il periodo parigino l’artista frequentò lo studio di Léon Bonnat, affermato ritrattista alla moda che lo indirizzò verso la realizzazione di ritratti femminili e scene di vita mondana tradotte attraverso colori brillanti e pennellate raffinate. Dopo aver esposto le sue opere ai Salon parigini, Corcos fece ritorno in Italia nel 1886 e prese parte all’Esposizione di Livorno, trasferendosi l’anno seguente a Firenze. Nel capoluogo toscano il pittore si avvicinò al cenacolo del “Marzocco” grazie alle conoscenze della moglie Emma Ciabatti, amica di D’Annunzio e Pascoli, pubblicandovi negli anni alcuni articoli. La carriera di Corcos si svolse dunque all’insegna di salotti letterari e incontri mondani, affermandosi come il ritrattista ufficiale di quella società galante della Belle Epoque.
Morì a Firenze l’8 novembre 1933.
Divenuto uno dei ritrattisti più apprezzati dall’altolocata borghesia fiorentina raffinata e colta, Corcos si espresse attraverso un lessico altamente moderno che predilesse tinte cromatiche delicate e ricercate, capace di cogliere le sfumature psicologiche degli effigiati pur non eludendo un analitico descrittivismo, preciso e lenticolare. Tali caratteristiche vengono al meglio coagulate in quello che è considerato il capolavoro del pittore, e uno dei più ammirati dipinti dell’Ottocento italiano, ovvero Sogni (olio su tela, 1896, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), presentato all’Esposizione Internazionale Artistica di Firenze del 1897, in cui Elena Vecchi, figlia di un amico del pittore, viene raffigurata in un atteggiamento pensoso ma non malinconico, fiera ed indipendente, gli abiti alla moda, in un ambiente evocativo ma non per questo metafisicamente lontano. Nonostante fosse stato ritenuto spregiudicato da parte della critica proprio a causa dell’atteggiamento smaliziato della giovane, il dipinto riscosse un tale successo di pubblico che venne addirittura replicato sulle cartoline.