Il pittore Tommaso Maria Conca nasce a Gaeta il 22 dicembre 1734, figlio del pittore Giovanni, che nel 1738 viene chiamato a Torino dal re di Sardegna. Il Conca stette nel capoluogo piemontese fino al 1748, iniziando dopo il ritorno a Roma il suo apprendistato nella pratica pittorica con il padre prima e con il più famoso zio Sebastiano poi, alternando velleità vocazionali per le lettere, la poesia e la storia.

Ben presto il pittore venne accolto come membro presso l’Accademia Clementina nel 1765 e in quella di San Luca nel 1770, alla quale donò l’anno successivo, come da prassi, un Riposo durante la fuga in Egitto, firmato in lettere greche (olio su tela, 1771, nelle collezioni accademiche)

Divenuto arcade il Conca entrò nella cerchia degli artisti coordinati dall’Asprucci, e a seguito del successo riscosso con le decorazioni licenziate nel Casino Nobile di Villa Borghese – “Sala del Sileno” e “Sala Egiziaca” – terminate nel 1782, al pittore venne chiesto di eseguire gli affreschi nella Sala delle Muse del Museo Pio-Clementino, eseguiti a buon fresco, secondo il programma iconografico ideato da Ennio Quirino Visconti, dove Pio VI veniva celebrato come novello Apollo.

L’ultima grande impresa del pittore è la decorazione della cupola del duomo di Città di Castello: già affrescata da Ludovico Mazzanti, era crollata a seguito di un terremoto nel 1789. Nel maggio del 1795 dunque il Conca lasciò Roma per eseguire L’ira divina placata dalla Vergine e dal Redentore, mentre sulle volte dei transetti dipinse le Allegorie della Religione e della Chiesa, con Scene della vita dei santi Crescenziano e Florido in chiaroscuro. Allo stesso periodo risalgono la pala d’altare con San Bonaventura da Siena davanti a Martino V per la chiesa di San Francesco e la Beata Veronica Giuliani per la cappella Guazzini nella collegiata di Città di Castello.

La carriera di Tommaso toccò il suo apice con la nomina a presidente dell’Accademia di San Luca nel 1792, carica che tenne fino al 1795.

Spirito dalla sensibilità fortemente devota, il pittore si tenne in disparte durante gli sconquassi dell’occupazione francese e le vicissitudini del Regno di Napoli, anche se gli venne richiesto il Cosimo de’ Medici che dà asilo agli scienziati greci cacciati dai turchi per gli appartamenti napoleonici del Quirinale.

Morì a Roma il 13 dicembre 1822.

Formatosi all’ombra dello zio Sebastiano, Tommaso seppe aggiornare la grammatica post-marattesca e neobarocca appresa e sviluppata durante i primi anni d’attività con le nuove istanze che si legavano ad una nuovo e radicale dialogo con l’Antico. Nel soffitto realizzato per la “Camera del Sileno” di Villa Borghese nel 1778 (olio su tela), in cui raffigura il Sacrificio di Sileno, le figure si fanno rigide e statuarie, il colore sobrio e uniforme, l’impianto compositivo lineare e privo di qualsiasi artifizio prospettico, ispirandosi nel complesso alla Danza attorno al vitello d’oro di Nicolas Poussin.

Nell’ambito della pittura sacra, l’opera del Conca che suscitò più eco fu l’Assunzione della Vergine terminata nel 1769 per la chiesa di Santa Caterina in via Giulia, che se a prima istanza sembra ispirarsi alle numerose opere dello zio raffiguranti lo stesso soggetto, purtuttavia possono distinguersi i tratti distintivi del pittore nell’afflato sentimentale che caratterizza i personaggi, nella linea di contorno insistita e nella gestualità teatrale delle figure, compostamente plastiche.

Fino a poco tempo fa scarse erano le testimonianze della sua produzione da cavalletto a carattere storico, tuttavia il bel dipinto raffigurante L’offerta dei doni a Coriolano (olio su tela, mercato antiquario) mostra non solo l’immensa cultura letteraria del pittore, ma anche la sua duttilità e maestria nel cambiare registro in base alle circostanze, realizzando una composizione lineare e didascalica dai colori pastello e le gestualità contenute, molto vicina ai modi di Placido Costanzi e Pompeo Batoni.