Il pittore Paolo Borroni nacque a Voghera il 12 gennaio 1749, e dopo aver ricevuto una prima formazione a Milano sotto il Calderini, nel 1765 si trasferisce a Parma dove segue i corsi di Benigno Bossi presso l’Accademia di Belle Arti. Ben presto il pittore si mette in mostra nei concorsi accademici, venendo premiato con una medaglia d’argento nel 1770 per un disegno rappresentante Priamo chiede ad Achille il corpo di Ettore, e l’anno successivo vincendo il primo premio della classe di pittura con il dipinto Il genio della guerra scorta Annibale in Italia (olio su tela, Parma, Galleria Nazionale). Al 1772 risale la vittorio del pensionamento quadriennale a Roma, dove il pittore poté completare la propria formazione artistica frequentando lo studio del celebre Pompeo Batoni, ampliando nel frattempo il proprio repertorio figurativo e culturale impegnandosi nella copia dell’Antico. Tornato a Voghera nel 1776, Borroni iniziò a lavorare in maniera indipendente realizzando pale d’altare ed affreschi per la propria città, come le tre tele per la chiesa di San Giuseppe Sposo (1778, ora conservate presso la rettoria della collegiata di San Lorenzo), e gli affreschi nei refettori del monastero di Santa Caterina (1778, Ultima Cena) e in quello della chiesa di Sant’Agata (Cena in Emmaus). Tra il 1780 e il 1787 il pittore si spostò sovente a Milano, richiesto come ritrattista dall’animato mondo intellettuale della città. Recatosi a Torino nel 1786 per eseguire su incarico della città di Ginevra il ritratto di Vittorio Amedeo III, ne divenne l’anno seguente il pittore ufficiale ottenendo l’ordine dello Speron d’oro e una pensione annua. Per il re iniziò l’anno seguente un Diogene nella botte visitato da Alessandro, che però pare non venne mai portato a compimento. All’inizio degli anni Novanta il pittore venne ospitato nella residenza estiva del principe Belgiojoso, dove realizza il ritratto di Alberico XII Barbiano in abito da parata (olio su tela, Voghera, collezione Casati). Tra le ultime commissioni di un certo prestigio ricevute dal Borroni va menzionata la pala d’altare per il Duomo di Vercelli rappresentante l’Assunzione, compiuta nel 1795.

Morì a Voghera il 25 agosto 1819.

Interprete di un classicismo legato al naturalismo della tradizione lombarda – come può constatarsi nella tela con cui nel 1771 vinse il primo premio nel concorso accademico – il Borroni maturò successivamente uno stile più propriamente internazionale, sebbene superato. È il caso ad esempio della tarda Riconoscenza della Repubblica Italiana a Napoleone (olio su tela, 1802, Milano, Pinacoteca di Brera) con cui il pittore doveva partecipare al concorso bandito nel 1801 – l’opera non venne consegnata in tempo, ma fu comunque acquistata dall’Accademia – che non può considerarsi pienamente neoclassica per gli echi di una graziosità settecentesca evidenti nell’impasto cromatico e nelle fisionomie, quasi neobarocche, dei protagonisti.

Assiduo frequentatore del genere del ritratto, per il quale era particolarmente apprezzato e ricercato, anche in questo caso Borroni si arroccò dietro formule ampiamente collaudate, come apprezzabile nel Ritratto dell’Arcivescovo di Milano Filippo Maria Visconti (olio su tela, 1790 ca., Milano, Ospedale Maggiore), dall’impaginazione imponente e fastosa, esemplata su esempi romani.

Nei ritratti di carattere meno ufficiale e un’ambientazione più domestica è altresì possibile scorgere delle riflessioni tuttaltro che velate sul linguaggio pittorico del Ceruti, come nel Ritratto di giovane disegnatore del Museo Poldi Pezzoli.