Il pittore Pietro Angeletti è artista ancora poco noto e approfondito dalla critica, motivo per cui non si conosce quasi nulla in merito alle sue vicende biografiche, se non che era romano di nascita.

Nel 1762 il pittore si impose al Concorso Clementino indetto dall’Accademia di San Luca vincendo il primo premio della prima classe di pittura con un disegno rappresentante L’incontro tra Giacobbe e Giuseppe (sanguigna e biacca), che mostra una chiara derivazione dalla pittura post-marattesca di Luti, Masucci e Trevisani.

Tra le prime imprese pittoriche dell’Angeletti si conoscono i due tondi con Santa Caterina sorpresa dal padre in preghiera e Santa Caterina da Siena sceglie la corona di spine nell’omonima chiesa romana di via Giulia, riammodernata tra le fine del settimo e l’inizio dell’ottavo decennio del secolo. I caratteri stilistici di queste opere permettono di ipotizzare che il pittore si sia potuto formare frequentando lo studio di Gaetano Lapis.

Gli unici dipinti ampiamente noti e studiati dell’Angeletti sono quelli realizzati per il principe Marcantonio IV Borghese, ovvero La riconciliazione di Venere e Minerva eseguita per il palazzo in città, ma soprattutto il riquadro centrale con Apollo e Dafne dipinto per una delle sale della Villa pinciana, in cui riunisce in un unica scena i quattro passi narrati da Ovidio (olio su tela, 1785). Dovendosi la sua opera collocare al di sopra della celebre scultura di medesimo soggetto del Bernini, l’Angeletti non poté far altro che tenere ben a mente la composizione scultorea con cui doveva specchiarsi e misurarsi, a cui si aggiunse una riflessione sul dipinto marattesco che presenta lo stesso tema, mentre pittoricamente il quadro si riallaccia alla pittura mengsiana e al cromatismo uniforme e fortemente chiaroscurato di Tommaso Maria Conca.

Intorno al 1781 viene datata una serie di tredici disegni, copie di sculture conservate nel Museo Pio-Clementino, eseguiti dal pittore su probabile commissione diretta di Charles Townley (sono infatti di suo pugno le annotazioni sui fogli), tra cui l’Apollo Musagéte rinvenuto da Domenico de Angelis nel 1776 nella Villa di Cassio. Morì probabilmente a Roma in una data che pare certa, il 1798.