Nato a Bologna il 29 luglio 1889, il pittore Ubaldo Oppi venne avviato dalla famiglia all’attività commerciale, studiando pittura da autodidatta e appassionandosi all’arte grazie ad alcuni soggiorni in Germania e in Austria. Fondamentale per l’indirizzamento artistico del giovane fu l’incontro con Gustav Klimt nel 1907 a Vienna, che lo spinge a frequentarne i corsi accademici. Nel 1910 il pittore si trasferì a Venezia, dove ebbe modo di presentare per la prima volta le proprie opere alla IV Esposizione d’Arti e Industrie di Ca’ Pesaro, per poi spostarsi a Parigi dove entrò in contatto con le avanguardie francesi, stringendo amicizia con Amedeo Modigliani e Gino Severini.

Con lo scoppio della guerra l’artista tornò in Italia per arruolarsi con gli alpini, venendo fatto prigioniero e deportato per alcuni mesi a Mauthausen, esperienza che lasciò una profonda impronta nell’animo di Oppi, verificabile nel tragico esistenzialismo che caratterizza il disegno transitato presso la nostra Galleria.

Dopo il ritorno a Parigi nel 1919, dove l’artista si sposò con Adele Leone, sua musa ispiratrice, nel 1921 Oppi si stabilì definitivamente a Milano, organizzando l’anno seguente due mostre personali, una alla Galleria Bottega di Poesia a Milano e l’altra alla casa d’arte Bragaglia di Roma ed esponendo al Salon d’Automne.

Nel frattempo il pittore aveva fatto la conoscenza dell’influente critica Margherita Sarfatti, divenuta presto sua estimatrice, che lo coinvolse nella fondazione del gruppo Novecento, con cui il Nostro espose alla prima mostra del 1926. Oppi rimase tuttavia sostanzialmente estraneo alla poetica del gruppo, tanto che nel 1924 si presentò autonomamente alla Biennale di Venezia, all’interno del Padiglione Italia, con il sostegno del critico Ugo Ojetti.

Alla XXIV Esposizione Internazionale di Pittura del Carnegie Institute di Pittsburgh del 1925 Oppi si aggiudicò il secondo premio grazie al dipinto Nudo disteso (olio su tela, 1925, Forlì, Musei di San Domenico).

Al 1930 risale la grande mostra antologica organizzata dal pittore alla Galleria Il Milione di Milano con lo scopo di presentare le opere giovanili, per poi partecipare un’ultima volta alla Biennale di Venezia del 1932, prima del ritiro a Vicenza che comportò un sostanziale isolamento e l’interruzione della pratica artistica.

Morì a Vicenza il 25 ottobre 1942. 

Tra i fondatori del gruppo Novecento e uno dei maggiori esponenti del Realismo Magico. Il personale apporto del pittore all’arte dell’inizio del XX secolo si sostanziò, dopo un’iniziale e fugace adesione al Futurismo, attraverso la rielaborazione del calibrato classicismo quattrocentesco ispirato a Botticelli e Piero della Francesca. Peculiare del suo stile sono le architetture e i drappi inseriti in atmosfere rarefatte, le tonalità malinconiche e tenui che donano alla raffigurazione un velato ermetismo, come apprezzabile nel dipinto La giovane sposa (olio su tela, 1922-1924, Padova, Museo d’Arte Medievale e Moderna), dal sapore metafisico.

In riferimento all’arte di carattere sacro, alla quale Oppi si avvicinò con assiduità a seguito di una crisi mistica avvenuta nel 1928, possono citarsi gli affreschi realizzati per la cappella di san Francesco nella basilica di Sant’Antonio a Padova, in cui una luce fredda e cristallina fa da sfondo a scene dai gesti pacati.