Il pittore e incisore Bartolomeo Pinelli nacque a Roma il 20 novembre del 1781 e ricevette la sua prima formazione artistica dal padre Giovanni Battista, che gli insegnò a modellare la terracotta, acquisendo così quel senso della plasticità che si riverserà nella sua attività incisoria. Verso il 1792 la famiglia si trasferì a Bologna e il suo protettore, il principe Lambertini, lo affidò ad un maestro di pittura rimasto anonimo. Pinelli frequentò dunque l’Accademia Clementina, in seno alla quale vinse il primo premio di scultura al concorso del 1798 con un tondo a rilievo raffigurante Bruto condanna i suoi figli a morte. Tornato a Roma nel 1798, il Nostro fu accolto in casa Lavezzari, grazie all’interessamento dello stesso, e iniziò a frequentare l’Accademia del nudo in Campidoglio ed eseguì gli affreschi sulla facciata della chiesa di Santa Maria in Cappella, andati distrutti.

Nel 1799, durante la Repubblica Romana, Pinelli venne inviato nella spedizione contro la città di Civitavecchia, che si era ribellata al governo francese, ma dopo pochi mesi disertò e si rifugiò tra i contadini della Maremma.

Fatto ritorno a Roma l’anno seguente, l’artista iniziò a frequentare i corsi dell’Accademia di San Luca, ottenendo premi e riconoscimenti, come nel 1805 dove il suo disegno raffigurante Cristo e l’adultera ricevé una medaglia.

Terminato il percorso accademico il pittore prese a dedicarsi alla sua vasta produzione grafica volta alla descrizione dei costumi e delle usanze popolari romane, realizzando numerose raccolte di scene di genere, dalle valenze folkloristiche. Del 1809 è la Raccolta di cinquanta costumi pittoreschi, che riscosse talmente tanto successo da richiedere diversi seguiti: la Nuova raccolta di cinquanta motivi pittoreschi e di costumi di Roma (1810), la Raccolta di quindici costumi più interessanti della Svizzera (1813) e la Raccolta dei costumi italiani più interessanti (1828).

Durante il periodo dell’occupazione napoleonica il pittore aderì alla propaganda filofrancese fornendo al nuovo governo numerosi disegni e incisioni dal tono propagandistico e celebrativo, come il bellissimo esemplare conservato al Museo Napoleonico di Roma rappresentante Il dio Marte consegna il Re di Roma alla dea Roma (china acquarellata e biacca su carta, 1811). All’artista venne inoltre concesso di occupare alcuni spazi dell’ex convento della Trinità de’ Monti, incidendone a puro contorno gli affreschi del chiostro; replicando poi l’impresa nel 1813 con gli affreschi della Farnesina che dedicò a Martial Daru, direttore della decorazione del Palazzo del Quirinale, che come ringraziamento gli affidò l’esecuzione di quattro dipinti con scene tratte dalla storia romana (mai realizzati a causa del mutamento degli eventi).

Morì a Roma il 1° aprile 1835.

Artefice della diffusione a livello internazionale del mito del popolo romano, Pinelli fu il più appassionato interprete della rappresentazione dei costumi e della vita popolare che animava la Roma di inizio Ottocento grazie alle sue incisioni dallo stile lineare, semplificato, memore della lezione di John Flaxman.

Il saltarello notturno delle mozzatore a piazza Barberini (olio su tela, 1821, Roma, museo di Roma), rara testimonianza della produzione pittorica dell’artista, esemplifica in maniera ottimale la fortuna presso i viaggiatori stranieri delle raffigurazioni delle attività folkloristiche praticate dagli abitanti dell’Urbe, in cui due vendemmiatrici ballano al chiaro di luna, illuminate dalle fiaccole degli astanti.

Un altro filone tematico frequentato dal pittore è quello della storia antica, in cui il registro espressivo viene adattato alla nobiltà e alla esemplarità degli argomenti, come nel caso delle incisioni facenti parte de L’istoria romana incisa (1818-1819) o degli acquarelli a chiaroscuro realizzati per l’editore Romualdo Gentilucci (1834, Carrara, collezione Giulio Lazzoni).

Presso la Galleria sono transitati due disegni del pittore (carboncino su carta, 1821) che tratteggiano con analitica precisione descrittiva due “caratteri” del popolo romano.