Figlio del più noto Bernardino, pittore dei Sacri Palazzi Apostolici e artista assai affermato sulla scena artistica capitolina, il pittore Pietro Nocchi nacque a Roma l’11 giugno del 1783, e come è intuibile si formò all’interno della bottega paterna. Successivamente il Nostro si iscrisse presso l’Accademia di San Luca, che al tempo vantava tra le fila dei professori giganti della poetica neoclassica come Gaspare Landi e Vincenzo Camuccini, facendosi apprezzare specialmente per le notevoli doti grafiche, tanto che Canova gli affida importanti copie da dipinti e sculture.

Nel 1806, a causa di gravi problemi di salute, il pittore fu costretto a tornare a Lucca, dove frequentò le lezioni del conterraneo Stefano Tofanelli presso il Liceo Felice.

Nella Lucca napoleonica Pietro si dedicò principalmente alla pittura da cavalletto destinata alla ritrattistica d’ascendenza aristocratica, come nel Ritratto di Olympia Cenami (olio su tela, 1811, Barnard Castle, Bowes Museum); cimentandosi con il volgersi del secondo decennio anche in quella di carattere sacro, di cui può citarsi il Sant’Andrea condotto al martirio per l’omonima chiesa di Caprile (olio su tela, 1811, in situ).

Con la morte del padre avvenuta nel 1812 Pietro fece ritorno a Roma, dove eseguì, grazie all’intercessione di Canova e su disegni dello stesso Bernardino, i due dipinti che erano stati commissionati a quest’ultimo per gli appartamenti napoleonici del Quirinale, Ebe che versa il nettare a Giove, nella sala da pranzo dell’imperatore, e Febea che sparge rose e papaveri, nella camera da letto dell’imperatrice.

Succeduto al Tofanelli sulla cattedra di pittura del Liceo, in una fase più matura il pittore si aprì alle inflessioni puriste patrocinate da Michele Ridolfi, come può verificarsi nella pala d’altare rappresentante il Beato Pellegrino Laziosi ridona la vista ad un cieco (olio su tela, 1847, in situ) eseguita per la chiesa di Sant’Andrea a Viareggio; ma già soggiacenti in opere precedenti come nella Sacra Famiglia del 1827 (olio su tela, Viareggio, chiesa dei Cappuccini).

Morì a Lucca il 14 agosto 1854.

Stilisticamente riconducibile alle esperienze paterne e alla radicalizzazione formale-ideologica del Tofanelli, il capolavoro dell’artista, le due tele per Palazzo Reale a Lucca rappresentanti Febea e Venere che offre il cinto a Giunone (olio su tela, 1820-1822) mostrano l’adesione ad un Neoclassicismo dal rigoroso impegno formale, condotto attraverso il disegno preciso, il decoro delle figure e l’armonia dell’impianto luministico.

Nel genere del ritratto il pittore si attenne alla moda del gusto francese, venendo influenzato prevalentemente da Gérard e Fabre, come può apprezzarsi nel Ritratto di Elisa con la figlia (olio su tela, 1808, Ajaccio, Museo Napoleonico) dalla fattura elegante e raffinata.