Il pittore Ippolito Caffi nasce a Belluno il 16 ottobre 1809, e dopo una formazione iniziale avvenuta con i concittadini Antonio Federici e Antonio Tessari, si trasferì a Padova dove venne accolto da un cugino, anch’egli pittore, Pietro Paoletti. Al 1827 risale il suo trasferimento a Venezia, dove frequentò le lezioni dell’Accademia fino al 1829, studiando il nudo con il pittore Teodoro Matteini e la prospettiva con Tranquillo Orsi. Proprio quest’ultimo aspetto specifico della pratica artistica occupò gli interessi del pittore per tutta la propria carriera, tanto che nel 1835 diede alle stampe un testo a scopo didattico dal titolo Lezioni di prospettiva pratica.

Nel gennaio del 1832 il pittore si trasferì a Roma, ospite sempre del cugino, da cui tuttavia si separò poco dopo, dedicandosi alle proprie ricerche figurative, dipingendo paesaggi dal vero e spostandosi spesso per esporre le proprie opere e intercettare nuovi mecenati: nel 1839 espose a Milano, l’anno successivo a Trieste e si recò spesso a Venezia – celebre è il suo dipinto Canal Grande e la Salute sotto la neve, replicato numerose volte variandone l’ora e il punto d’osservazione.

Nel 1843 Caffi intraprese il proprio viaggio in Oriente, facendo tappa prima ad Atene, per poi visitare la Turchia, la Palestina e infine l’Egitto.

Nel 1848 il pittore venne coinvolto nei moti insurrezionali del Veneto contro l’Austria e nelle vicende della Repubblica di San Marco, che fecero finire il suo nome nelle liste di proscrizione e lo costrinsero all’esilio. Riparò quindi a Genova, dove soggiornò dal 1849 al 1850 realizzando diverse vedute costiere della città: un esempio può apprezzarsi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (olio su tela, 1853). A causa delle alterne vicende politiche e della sua posizione oramai compromessa, il pittore si spostò di continuo nelle varie città italiane, con lo scopo tutt’altro che accidentale di testimoniare la portata storica degli avvenimenti contemporanei: ne è un esempio il dipinto che raffigura L’ingresso di Vittorio Emanuele a Napoli (olio su tela, 1860, Torino, Palazzo Chiablese).

Morì a Lissa il 20 luglio 1866, affondando insieme all’equipaggio dell’imbarcazione “Re d’Italia”, a cui si era aggregato per documentare gli eventi della guerra.

Vedutista e fervente patriota, Caffi riuscì a raggiungere una padronanza pittorica eccezionale, che gli permise di fondere in un’armonica sinfonia il vedutismo classico settecentesco con le atmosfere del paesaggismo romantico. Abilissimo, grazie al profondo studio delle opere di Canaletto, nel creare vedute prospetticamente impeccabili e dal vertiginoso impatto scenografico, la resa pittorica dei dettagli è garantita da una linea di contorno netta e precisa. A differenza del grande maestro veneto del secolo precedente tuttavia Caffi si distingue nella resa atmosferica di cieli al tramonto tinti di rosa, nel far vibrare la luce fredda e silente delle gelide mattine veneziane con pennellate dense di bianco puro, nel generare effetti di luce pirotecnici e spettacolari. Un dipinto come La festa dei Moccoletti (il Carnevale) (olio su tela, 1852, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), del quale per altro una prima versione esposta a Venezia nel 1837 aveva sancito il successo definitivo del pittore, ci restituisce un saggio delle straordinarie doti tecniche di cui s’è accennato.

Ippolito Caffi – Veduta di Napoli dopo l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna con il Plebiscito del 1860

Ippolito Caffi (Belluno 1809 – Lissa 1866) Veduta di Napoli dopo l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna con il Plebiscito del 1860 tempera grassa su tela, cm 170 x 265 Provenienza: Veneto, collezione privata Bibliografia : A. Scarpa, in Romanticismo, catalogo della mostra, Milano, Gallerie d’Italia, a cura di F. Mazzocca, Cinisello…