Il pittore Domenico Induno nacque a Milano il 1815. Fin da ragazzo frequentò la bottega di un orefice, all’interno della quale ebbe modo di conoscere l’incisore Luigi Cossa, che lo spinse ad iscriversi all’Accademia di Brera. Induno frequentò così dal 1831 al 1839 i corsi sotto la guida di Luigi Sabatelli e Pompeo Marchesi, vincendo numerose medaglie e guadagnandosi la stima del Marchesi, che acquistò alcuni suoi disegni per la propria collezione privata. Formatosi sulla tradizione della pittura di storia, le prime opere del Nostro esposte a Brera sono di conseguenza tratte dai repertori classici, tra cui il Bruto che giura sul corpo di Lucrezia, presentato nel 1838, e Alessandro infermo condanna la denuncia di Parmenione (olio su tela, Milano, Accademia di Brera), che nel 1839 gli valse la vittoria del Gran Premio, l’esenzione dal servizio militare e una commissione da parte di Ferdinando I. Il pittore si mise dunque al lavoro sulla grande tela raffigurante Davide unto re dal profeta Samuele destinata alla galleria imperiale di Vienna, esposta nel 1840 insieme ad una Strage degli Innocenti. Il Nostro suscitò quindi l’interesse di Francesco Hayez, che gli mise a disposizione uno studio e lo spronò a dedicarsi anche al ritratto, genere che però Induno non sentì mai come affine alle proprie inclinazioni. A partire dal 1844 infatti il pittore iniziò a dedicarsi a quelle tematiche popolari dalle intonazioni prosaiche e dalle forti valenze morali, che lo occuperanno tutta la carriera, presentando all’annuale esposizione di Brera una Orfanella che sta pregando. La seconda metà degli anni Quaranta rappresentarono per Induno l’inizio del grande successo presso il pubblico e i collezionisti, tra i quali figurano il marchese Gerolamo D’Adda Salvaterra, per il quale dipinse la Partita di carte (olio su tela, 1846, ubicazione sconosciuta), e il duca Litta, che gli allogò L’incendio (olio su tela, 1851, Milano, Galleria d’Arte Moderna). Di poco successivo è il dipinto raffigurante La questua (olio su tela, 1850, collezione Giustina Crivelli), caratterizzato già da quella pennellata libera e sciolta che il pittore porterà sempre di più a sfrangersi nell’ultimo periodo di attività. Gli interni della piccola borghesia e delle classi più indigenti, la miseria narrata nella sua quotidiana dignità e gli episodi cronachistici diventano tra i temi prediletti da Induno, che riesce a donare alla pittura di genere, accostabile per altro alla miglior tradizione fiamminga per descrittivismo ambientale e poetico afflato luministico, l’aulico sentimento moraleggiante della pittura di storia. Nascono così opere come Pane e lacrime (olio su tela, 1854, già collezione Ramazzotti) premiato all’Esposizione Nazionale di Parigi del 1855 e successivamente acquistato da Hayez, e Il Monte di Pietà (olio su tela, 1869, già collezione Imbert), replicato in più versioni, una delle quali venne presentata all’Esposizione Nazionale di Milano del 1872.

Morì a Milano il 5 novembre 1878.

Fervente patriota, Induno attinse spesso alla storia italiana contemporanea ed agli eventi delle guerre d’indipendenza per la realizzazione delle sue opere, declinandoli tuttavia in una chiave prosaica, di cronaca quotidiana. Ne è un magistrale esempio il dipinto rappresentante L’arrivo del bollettino della Pace di Villafranca (olio su tela, 1862, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), nel quale il pittore volle testimoniare, più che l’atto ufficiale, l’impressione che ebbe sul popolo l’arrivo della notizia che Napoleone III aveva imposto agli austriaci l’armistizio, opera gravitante tra la pittura di genere e quella di storia intrisa di una luce naturalistica.

Ad una fase più matura dell’attività del pittore appartengono opere dedicate ad una più intima quotidianità, a figure popolari emarginate e al lavoro del mondo femminile, probabilmente stimolato dai pittori austriaci biedermeier attivi a Milano, come nel caso del dipinto Scuola di sartine (olio su tela, 1865 ca., Milano, Galleria d’Arte Moderna), caratterizzato dalla tipica pennellata sprezzante che diventa un marchio di fabbrica dell’ultimo periodo. In merito al genere del ritratto, non particolarmente frequentato dal pittore, può qui citarsi il Ritratto di Antonio Carnevali (olio su tela, 1860, Milano, Ca’ Granda Ospedale Maggiore Politecnico) in cui il benefattore dell’Ospedale Maggiore di Milano, l’ente che commissionò l’opera ad Induno, si staglia contro uno sfondo indefinito, a figura intera.