Nato a Torino il 18 luglio 1871, il pittore Giacomo Balla frequenta inizialmente i corsi dell’Accademia Albertina venendo influenzato da Antonio Fontanesi e Pellizza da Volpedo, per poi trasferirsi con la madre a Roma nel 1895. Nell’Urbe l’artista fa la conoscenza di Duilio Cambellotti e Serafino Macchiati ed espone nel 1899 alcune opere all’Esposizione della Società di Amatori e Cultori delle Belle Arti, segnate da un linguaggio fortemente improntato al verismo romantico ottocentesco e al divisionismo lombardo. Nel 1900 il pittore si reca a Parigi per visitare l’Esposizione Universale, e in quell’occasione rimane particolarmente segnato dalle nuove poetiche incentrate sulle moderne sperimentazioni luministiche e cromatiche degli impressionisti e dei neoimpressionisti francesi, Seurat e Signac sopra tutti. Tornato a Roma, Balla inaugura un’intensa fase creativa nel suo studio di Porta Pinciana, luogo che attrae giovani artisti come Umberto Boccioni e Gino Severini, dando vita a dipinti come Il fallimento (olio su tela, 1902, Roma, collezione Cosmelli), caratterizzati ancora da un sostrato psicologico umanitario e da un’accentuazione spiritualistica. Nel 1903 l’artista presenta il Ritratto di Roesler-Franz a Villa d’Este (olio su tela, collezione privata) alla Biennale di Venezia, mentre del 1909 è la sua partecipazione al Salon d’Automne, dove riscuote un discreto successo.

Ben presto tuttavia, spinto anche dalla fervente e impetuosa carica innovatrice del discepolo Boccioni, il pittore aderisce con entusiasmo al Futurismo, contribuendo di fatto, pur attraverso una sintassi affatto personale, alla sua definizione e promozione. Balla è infatti tra i firmatari nel 1910 del Manifesto dei pittori futuristi e del Manifesto Tecnico della Pittura Futurista, redatti da Filippo Tommaso Marinetti con lo scopo di infervorare la stagnante scena artistica italiana, e nel 1912 espone con il gruppo presso la galleria parigina Bernheim-Jeune, dove tra le altre presenta Lampada ad arco (olio su tela, 1909-1911, New York, MoMA), dove al divisionismo della materia pittorica si associa l’euforia per il progresso e la modernità.

Nello stesso anno il Nostro si reca a Düsseldorf per decorare ad affresco, con forme totalmente astratte, casa Löwenstein: dell’impresa tuttavia non ci rimane più nulla, se non alcune testimonianze sotto forma di studi e disegni rappresentanti forme geometriche.

Al 1915 risale invece la redazione, unitamente a Fortunato Depero, del manifesto intitolato Ricostruzione futurista dell’Universo, volto a conciliare la modernità e il dinamismo con una visione totalizzante dell’arte.

Partecipe di numerosissime “serate futuriste”, Balla collabora con una “sintesi” al volume sul Teatro futurista sintetico di Marinetti del 1921, sebbene il pittore in ambito teatrale avesse eseguito solamente alcune scene del Feu d’artifice rappresentato al Teatro Costanzi nel 1917. L’ultima partecipazione attiva al Futurismo di Balla occorre nel 1929, quando firma il Manifesto dell’aereopittura a suggello di una stagione frenetica e ricca di rassegne, tra cui bisogna menzionare le Esposizioni Universali di Buenos Aires e la personale allestita nel 1928 in occasione dell’annuale Mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti.

Gli anni ’30 segnano infatti l’allontanamento dell’artista sia dalle sperimentazioni futuriste che dal fascismo, per abbracciare un ritorno alla figurazione che si traduce in opere come il ritratto del pugile Primo Carnera (olio su tavola, 1933, collezione Cerasi), in cui per simulare l’effetto del rotocalco il pittore ha applicato una rete metallica sul fondo del dipinto, anticipando di molti decenni la produzione della Pop Art.

Muore a Roma il 1° marzo 1958.

Incentrato durante le prime fasi della propria carriera sui problemi ottici e sulla resa degli effetti luministici e prospettici, come per altro apprezzabile nel dipinto dal titolo Tromba di scale (olio su tela, 1908, Birmingham, collezione Winston), che nel suo ritmo ascensionale a spirale preannuncia già alcune tendenze astrattiste, Balla divenne fin dai suoi esordi un entusiasta fautore del movimento futurista, consacrandosi come uno dei suoi principali esponenti. A partire dal 1912 la sua arte è votata alle sperimentazioni dinamiche ed all’iterazione visiva, stimolata dalle sperimentazioni tecniche in fotografia di Anton Giulio Bragaglia, come si può osservare in La mano del violinista (olio su tela, 1912, Londra, Estorik Collection of Modern Italian Art).

Senza mai abbandonare velleità astratto-geometrizzanti e un gusto decorativo d’ascendenza liberty, il linguaggio del pittore si sostanzia attraverso cromie gioiose dalla forza propulsiva intrinseca che scandisce ritmicità ben strutturate, come nel caso di Bambina che corre sul balcone (olio su tela, 1912, Milano, Civiche raccolte d’arte).