Il pittore, ceramista e decoratore Galileo Chini nacque a Firenze il 2 dicembre 1873, ed iniziò a frequentare la Scuola d’Arte di Santa Croce mentre contemporaneamente lavorava con lo zio, decoratore e restauratore di affreschi. Nel 1895 Chini si iscrisse all’Accademia di Belle Arti della città, dove poté studiare con Augusto Burchi, divenendone in breve tra i più apprezzati collaboratori, entrando altresì in contatto con una schiera di giovani talenti come Giulio Bargellini e Plinio Nomellini.
A partire dal 1896 l’artista prese a pubblicare illustrazioni in puro stile “art nouveau”, aprì la sua fabbrica di ceramiche con Giovanni Vannuzzi e Giovanni Montelaticie si dedicò ad una pittura in puro stile Liberty, come documenta il dipinto rappresentante il Ritratto della sorella Pia (olio su tela, 1896).
Il pittore venne chiamato fin da subito a partecipare alle illustrazioni per il giornale “Italia Ride”, nato a Bologna il 6 gennaio 1900 con chiari intenti figurativi, volti a promuovere l’autonomia della grafica nazionale in antitesi con la corrente preraffaellita e il florealismo. Nel 1902 il Nostro dovette recarsi a visitare la Secessione di Vienna dove poté vedere le opere di Klimt, Böhm e Kolnig, dai quali riprese alcuni motivi decorativi poi confluiti nei numerosi vasi in grès e filtrati in opere successive come i pannelli della Sala del Sogno presentati alla Biennale di Venezia del 1907 (tempera, olio, pastelli e oro su tela, Venezia, Archivio Storico delle Arti Contemporanee).
Nel 1908 l’artista ottenne la cattedra di arti decorative pittoriche presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, ricevendo l’anno seguente l’incarico di affrescare la sala della cupola della Biennale di Venezia con episodi che narrassero i periodi più importanti della civiltà e dell’arte, risolta in tre fasce di cui quella superiore composta da motivi ornamentali. Tale impresa venne vista dal re del Siam Chulalongkorn che la apprezzò a tal punto da commissionare al pittore alcuni lavori per il Palazzo Reale di Bangkok. Chini attese dunque dal 1911 al 1914 alla decorazione a fresco e calce viva di tre mezze cupole, di una lunetta e della vasta cupola dello scalone, non mancando di farsi suggestionare dalla tradizione figurativa orientale, come dimostra il dipinto raffigurante Capodanno cinese a Bangkok (olio su tela, 1913, eredi Chini).
Nel 1917 Chini redasse il manifesto Rinnovando rinnoviamoci nel quale auspicava l’abolizione della distinzione tra “arti minori” e “arti maggiori” a partire dalla chiusura delle Accademie di Belle Arti. Il pittore si qualificò in effetti come il primo artista totale animato dall’ambizione di diffondere il concetto di opera d’arte di produzione industriale, dedicandosi ad un’intensa produzione ceramica di gusto Liberty ed alla scenografia teatrale destinata ad illustrare opere pucciniane. Negli anni ’20 Chini attese a numerose imprese decorative, terminando nel 1923 gli affreschi per le Terme di Berzieri e nel 1927 quelli per villa Donegani, sul lago di Como.
Sul tramonto della propria parabola artistica il pittore si indirizzò verso una sorta di ritorno all’ordine di matrice post-macchiaiola, dedicandosi prevalentemente alla natura morta e al paesaggio e dunque prendendo le distanze dal decorativismo secessionistico.
Morì a Firenze il 23 agosto 1956.
Artista a tutto tondo dedito ad una febbrile attività creatrice che lo portò a interessarsi a tutte le discipline e a tutte le arti, Chini è considerato dalla critica come il rappresentante più emblematico dello stile Liberty italiano, specialmente in relazione alle sue valenze estetiche. L’influenza che ebbero su di lui le esperienze della Secessione viennese e le tendenze geometrizzanti di matrice mitteleuropea possono apprezzarsi nei pannelli con La primavera classica (tempera, olio e oro su tela, Montecatini, Accademia d’Arte Scalabrino), realizzati per il Salone d’Onore della Biennale di Venezia del 1914.
Gli esordi del pittore sulla scia di un simbolismo declinato in accordo ad una nuova visione modernista, fatta di arabeschi di matrice Art nouveau, possono misurarsi in opere come Icaro (olio su tela, 1906-1907), assimilabile per ductus al luminismo filamentoso di Previati.
Galileo Chini Firenze 1873-1956 Autoritratto 1933 Olio su tavola, cm 60 × 50 Firmato in basso: “GALILEO.CHINI.PIT.CER.FIORENTINO.1933” Provenienza: Finarte, Roma, 28-29 aprile 1987; Farsetti, Prato, 10 ottobre 1997; Roma, collezione privata Lontano dal decorativismo di impronta secessionista con cui ha attraversato i primi decenni del XX secolo, raggiungendo altissime espressioni tra Liberty e Déco, in questo autoritratto,…