Il pittore Vincenzo Ferreri nacque a Perugia intorno al 1762 ma dovette trasferirsi ancora giovane a Roma, dove ricevé la propria formazione in campo artistico: è infatti ricordato come il vincitore del primo premio della seconda classe del concorso dell’Accademia di San Luca del 1785, a cui fece seguito la definitiva attestazione con la vittoria della prima classe nel 1787. Nell’Urbe il pittore divenne allievo di Marcello Leopardi con il quale strinse un profondo legame, tanto che nel 1796 ne battezzò un figlio. È certo comunque che i due lavorarono nello stesso momento per la chiesa perugina dei Santi Andrea e Bernardino, per la quale il Nostro licenziò due pale d’altare, Sant’Andrea abbraccia la croce e San Bernardino ricusa la dignità cardinalizia e il Vescovado di Siena (olio su tela, 1790, entrambe conservate nell’oratorio annesso alla chiesa).

L’apprezzamento delle proprie qualità artistiche che il Ferreri seppe guadagnarsi sulla scena artistica capitolina può essere misurato con il coinvolgimento nel 1812 nei vasti lavori di decorazione degli appartamenti napoleonici del Palazzo del Quirinale, per il quale dipinse un quadro avente per soggetto un Gruppo di Amorini con gli attributi della toilette (olio su tela, perduto), destinato ad uno degli ambienti dell’imperatrice.

Al 1818 risalgono prestigiose commissioni affidate al pittore, come i monocromi con San Paolo e San Mattia in occasione della nuova decorazione della Cappella Paolina del Quirinale voluta da Pio VII; la lunetta con l’episodio dell’Emissione delle leggi per la tutela delle antichità nella Galleria Chiaramonti nei Musei Vaticani e offrì la tela con Gesù muore sulla croce per una delle stazioni della Via Crucis nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte.

L’anno seguente Ferrei portò a compimento alcuni dipinti in occasione della beatificazione di Giambattista della Consolazione, esposti nella Basilica di San Pietro.

Morì a Roma nella notte tra il 7 e l’8 ottobre 1837.

Formatosi negli anni Ottanta del XVIII secolo in una Roma che attraversava il suo momento di più fervido ed eterogeneo sperimentalismo figurativo, Ferreri improntò il proprio stile sulla scorta delle novità classicistiche introdotte da Canova, Tofanelli e dallo stesso maestro Marcello Leopardi, giungendo ad una pittura asciutta ma sgargiante ed elegante. I traguardi maturi cui approdò il pittore possono apprezzarsi in quello che può essere considerato il suo capolavoro, ovvero il Sacrificio di Polissena (olio su tela, 1793, Parma, Galleria Nazionale) con il quale si aggiudicò il concorso di pittura indetto nel 1793 dall’Accademia di Belle Arti di Parma, condotto attraverso uno stile piacevole lontano da alterazioni violente e caratterizzato da un’effusione sentimentale mitigata dal rigore compositivo e dalle citazioni dall’antico.