Nato a Venezia il 4 aprile 1885, il pittore Leonardo Drudeville si trasferisce a Milano nel 1902 dove frequenta i corsi dell’Accademia di Brera e rimane particolarmente colpito dal divisionismo di Giovanni Segantini. Nel 1905 l’artista fa la conoscenza di Anselmo Bucci, con il quale affitta uno studio e compie l’anno seguente un viaggio a Parigi, dove presenta ad Alberto Grubicy le sue prime opere, improntate ad un linguaggio divisionista.

Amante della musica, Dudreville è attratto dal nascente movimento futurista proprio per le loro sperimentazioni sul rapporto tra arti figurative e linguaggio sonoro, che lo portarono alla realizzazione di dipinti come Trilogia campestre (olio su tela, 1912, Lugano, Museo d’Arte della Svizzera Italiana), dalla spiccata e vitale euforia cromatica, presentato alla Permanente di Milano. Artista dal forte temperamento ed orgoglioso della propria indipendenza creativa, nello stesso 1912 Dudreville è tra coloro che aderiscono alla Mostra di pittura e scultura rifiutata presso il Caffè Cova, ad imitazione del Salon des Réfusés parigino, che racchiudeva le opere di giovani artisti esclusi dalla Nazionale Braidense. Da queste premesse d’insofferenza verso i circoli ufficiali nel 1913 il pittore fonda insieme al critico Ugo Nebbia il gruppo Nuove Tendenza, che nasce da un sostrato futurista ma che in breve accoglierà artisti dai linguaggi assai eterogenei – come Achille Funi -, esponendo alla relativa mostra allestita l’anno successivo presso la Famiglia Artistica di Milano il ciclo con le Quattro stagioni.

Nel 1919 il pittore partecipa alla Grande Esposizione Nazionale Futurista con opere come Senso (olio su tela, collezione privata), ammirata e apprezzata da Gabriele d’Annunzio. Nel 1921 l’artista è presente alla mostra berlinese di Valori Plastici, mentre dell’anno seguente è la partecipazione alla Primaverile Fiorentina, dove riscuote un buon successo di critica. Alla fine di quello stesso anno il pittore aderisce al gruppo che prese il nome de “I sette pittori del Novecento”, esponendo con loro nel 1923 presso la Galleria Pesaro e nel 1924 alla Biennale di Venezia, dove presenta il dipinto Amore: discorso primo. Nel 1926 Dudreville rifiuta l’invito da parte della Sarfatti di entrare a far parte del comitato di Novecento in polemica contro il trionfalismo e l’ottimismo dell’arte contemporanea.

Muore a Ghiffa, nei pressi di Novara, il 13 gennaio 1975.

Dopo gli esordi come pittore divisionista sull’esempio del tanto ammirato Segantini, da cui riprende anche l’approccio mistico con il paesaggio – si veda ad esempio Mattino sull’Appennino (olio su tela, 1907, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), esposto alla Promotrice di Torino del 1908 -, Dudreville si rivolse ad un linguaggio astratto d’ascendenza simbolista, aggiornato sulle novità espressive futuriste, come testimonia il dipinto Aspirazione (olio su tela, 1917, Rovereto, MART) che manifesta il suo interesse verso le possibilità espressive degli stati d’animo attraverso la pittura.

Con il termine della guerra il pittore decise invece di approcciare un’arte di stampo realista dedicandosi principalmente alla realizzazione di paesaggi e nature morte d’intensa esattezza compositiva, come dimostra Paesaggio (olio su tela, 1921, collezione Banca d’Italia), dallo spiccato tono evocativo.