Tra le personalità più influenti e dominanti del secondo Settecento romano, il pittore Domenico Corvi nacque a Viterbo il 16 settembre 1721, entrando quindicenne nella bottega dell’affermato Francesco Mancini. Nel 1750 Corvi vinse il primo premio del Concorso Balestra indetto dall’Accademia di San Luca con un disegno.

Scarse sono le notizie e le opere del pittore fino al 1756, anno in cui entrò a far parte dell’Accademia di San Luca, alla quale donò come prova d’ingresso una Natività (olio su tela, nelle collezioni accademiche), che già propone quei panneggi di cera sciolta tipici del pittore e la sorprendente capacità di rendere il controluce in ambientazioni “notturne”. Allo stesso anno risalgono gli affreschi per il Gonfalone a Viterbo, dove lavorò insieme al concittadino Vincenzo Strigelli, eseguendo i tondi con gli apostoli Simone e Giuda, unitamente ad una lunetta su cui affresca la Decollazione del Battista.

Il pittore riuscì a conquistarsi in prima istanza la stima di Bernardino Antonelli, divenendo un protetto della famiglia senigalliese che gli commissionò le prime opere di un certo respiro, tra cui la splendida pala d’altare per la chiesa di San Rocco con la Madonna con Bambino tra i santi Nicola di Bari, Maria Maddalena, Emidio, Paolino, Vincenzo Ferreri e Nicola da Tolentino (olio su tela, 1754, in situ), per la quale si interessò il cardinale Nicola Antonelli, che il Corvi ritrasse in varie occasioni.

Al 1757 risale la nomina del pittore, su espresse istanze del maestro Mancini, a direttore dell’Accademia del Nudo in Campidoglio, che diede avvio a quella fortunata attività didattica che rese Corvi una figura cardine per la nascita del Neoclassicismo romano, a cui si aggiunsero le lezioni private che impartiva nel suo studio, dove si formarono i più grandi artisti della generazione successiva e dove vennero prodotti in quantità industriale bellissimi fogli di studi dal nudo. Ben presto il pittore entrò nelle grazie dell’attento mecenate Domenico Amadeo Orsini d’Aragona, per il quale realizzò nel 1758 le quattro tele oggi nella Certosa di Vedana (Belluno), lo spettacolare San Michele Arcangelo per la chiesa di Trinità de’ Monti ma soprattutto decorò la cappella di suo patronato nella chiesa di San Salvatore in Lauro con San Pietro nel carcere Mamertino battezza Processo e Martiniano e La liberazione di san Pietro dal carcere (olio su tela, 1765), dei quali ci rimangono i bozzetti già collezione Lemme oggi nel Museo del barocco Romano ad Ariccia.

Il pittore non mancò di prender parte a quello che forse è da considerarsi il cantiere più importante e prestigioso dell’ultimo quarto del secolo, vale a dire la decorazione della villa pinciana voluta dal principe Marcantonio IV Borghese. Per uno degli appartamenti dipinse nel 1782 il trittico con l’Aurora, dando seguito ai rapporti con la potente famiglia per la quale nel 1772 aveva realizzato il soffitto del palazzo in città con il monumentale Sacrificio di Ifigenia, particolarmente vertiginoso grazie agli scorci arditi e le tinte fredde dai toni acidi.

A partire dagli ultimi tre lustri del secolo il pittore imboccò una parabola discendente che lo vide sempre più appartarsi dalla scena artistica capitolina, oramai sconvolta dalle novità proposte dalla generazione più giovane per la quale il Corvi era stato maestro prezioso (tra i vari suoi allievi, Camuccini e Landi), e infatti risulta escluso dai cantieri del Museo Pio-Clementino e di Palazzo Altieri. Morì a Roma il 22 luglio 1803, senza riuscire a dare alle stampe il suo trattato sulle proporzioni del corpo umano.

Pittore che considerava, come scrive in una lettera al principe di Polonia Stanislao Poniatowsky, la propria attività come una “scientifica professione”, espresse con nobile alterigia questa sua visione elevata dell’operare artistico nel famoso Autoritratto facente parte della collezione degli Uffizi (olio su tela, 1785), che si qualifica come un vero e proprio manifesto del Corvi-pensiero. Nel dipinto il pittore, intento a dipingere un Ercole a riposo indossando una sontuosa veste da camera, è attorniato infatti da una lampada per illuminare il modello, dal calco di una statua antica e dai trattati di anatomia, prospettiva e geometria, proprio a rimarcare la scientificità della professione, nonché lo status sociale raggiunto.

Particolarmente operoso in relazione a soggetti di carattere sacro, Corvi si dedicò scarsamente al genere del ritratto, mentre frequentò con costanza tematiche storico-mitologiche, tra cui il magnifico dipinto raffigurante La morte di Seneca transitato presso la Galleria, che evidenzia le sue straordinarie capacità luministiche in una prima, embrionale svolta neoclassica.

Il pittore durante la sua fortunata carriera inviò numerose pale d’altare in territorio marchigiano, tra cui quella per la chiesa anconetana di Sant’Agostino con San Nicola da Tolentino e il Beato Antonio da Amendola intercedono per le anime del purgatorio (olio su tela, 1765 ca., Ancona, Pinacoteca Civica), con quelle figure sinuose e leggiadre tipiche del Corvi, caratterizzata da una spazialità vorticosa che suggerisce riflessioni sull’Ascensione di Cristo di Sebastiano Ricci nella basilica dei Santi Apostoli.