Il pittore Nicola De Laurentis – o De Laurentiis – nasce a Chieti nel 1783 e studia in un collegio gesuita di Frascati  prima di entrare nel seminario della sua città natale, dove sotto la guida di padre Aquila acquista una vasta e solida cultura letteraria e filosofica. Si trasferisce a Napoli all’inizio del XIX secolo dove frequenta i corsi dell’Accademia di Belle Arti, ottenendo nel 1804 il credito del pensionato reale che gli permette di recarsi a Roma per incrementare la propria cultura figurativa e perfezionarsi in campo artistico. Nell’Urbe il pittore frequenta lo studio di Vincenzo Camuccini, al tempo tra le personalità di maggior spicco della scena capitolina, e licenzia in uno stile assai prossimo a quest’ultimo il grande dipinto Focione rifiuta i doni di Alessandro Magno (olio su tela, 1805, Napoli, Prefettura), che riscuote un ottimo successo e viene acquistato dalla casa reale per la somma di mille ducati. Sempre a Roma il pittore dipinge una Congiura di Catilina, ispirata a Sallustio, e un Icaro prepara le ali a Dedalo, venendo poi accolto tra i membri dell’Accademia di San Luca, con ogni probabilità nel 1806, anno in cui principe è Vincenzo Camuccini.

Alla prima Esposizione Borbonica del 1826 il pittore partecipa con una versione in formato ridotto del Focione Ateniese e tra gli altri con un’opera poi acquistata dalla famiglia reale, Metabo insegna a tirar d’arco ad un’Amazzone (olio su tela, Caserta, Palazzo Reale). Tra i suoi maggiori estimatori e protettori figura il signor Falconnet, per il quale il pittore ideò il soggetto del Timoleone.

In territorio abruzzese si conservano alcune opere del De Laurentis di tematiche religiose, tra cui l’Addolorata nella chiesa di Loreto Aprutino e la Natività nella cattedrale di Chieti, che risentono del classicismo bolognese seicentesco.

Il linguaggio di Nicola De Laurentis risulta già ad una prima analisi associabile, in una parentela assai stretta, con quello del maestro Vincenzo Camuccini, quasi volesse emularne in maniera ossequiosa la nobile predisposizione per un lessico classicista e severo. Osservando una delle opere più famose dell’artista, Le dodici provincie di Napoli al cospetto di Francesco I (olio su tela, Napoli, Museo di Capodimonte), realizzata in onore del nuovo re assunto al trono nel 1825, si evince come fatto palese che il pittore si sia largamente ispirato alla Morte di Cesare camucciniana, sia nella composizione che nella descrizione degli ambienti, così come nei gesti e nelle pose dei personaggi raffigurati, sebbene l’accordo dei toni risulti meno vivace stemperando l’effetto scultoreo  che caratterizza l’opera del maestro.

Apprezzatissimo per le sue abilità nella pratica del disegno, le qualità del pittore si possono misurare osservando lo Studio di figure maschili (inchiostro e matita su carta, Napoli, Certosa di San Martino), da ricondurre con ogni probabilità al periodo dell’apprendistato romano dell’artista, poiché denuncia una stringente vicinanza con la produzione grafica capitolina di inizio secolo nel segno netto e preciso che inquadra le forme in pose eroiche.