Il pittore Carlo Labruzzi nacque a Roma nell’ottobre del 1748, e dopo essere stato avviato agli studi giuridici gli venne consentito di dar seguito alla propria vocazione artistica permettendogli di iscriversi presso l’Accademia di San Luca. Nel 1768 il pittore partecipò al Concorso Clementino che prevedeva la realizzazione di un dipinto raffigurante Achille avvisato da Iride di tornare a combattere, ma il primo premio non venne assegnato in quanto nessuna delle prove fu considerata meritevole.

Nel 1779 il Nostro è ricordato nel diario di Sir George August Herbert, undicesimo conte di Pembroke, come uno dei migliori paesaggisti attivi nell’Urbe, in una data in cui Labruzzi era già attivo per numerosi viaggiatori stranieri, specialmente inglesi e polacchi. Dello stesso anno è infatti la Veduta del parco di Olesin conservata presso il Museo del Castello di Wilanòw in Polonia, mentre del 1808 è il Ritratto di Antonina Anna Krasinska, caratterizzato da toni patetici e intimisti.

Al 1789 risale forse l’impresa “topografica” più prestigiosa del Labruzzi, quando accompagnò Sir Richard Colt Hoare, facoltoso archeologo inglese, nel suo viaggio esplorativo lungo la Via Appia in direzione di Brindisi seguendo l’itinerario descritto da Orazio, documentandolo con numerosi acquarelli e disegni tratti dal vero (penna, inchiostro e acquerello su carta, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana). Nel 1781 Labruzzi venne ammesso tra i virtuosi del Pantheon, nel 1792 fu accolto tra i “pastori” d’Arcadia con il nome Antifilo Naucrazio e nel 1796 divenne accademico di San Luca, circostanze che rendono conto dello status raggiunto dal pittore sulla scena artistica capitolina. Del 1807 sono il Ritratto della famiglia Ruspoli, un conversation piece e il Ritratto di Teresa Pichler Monti (olio su tela, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), che contempla in atteggiamento malinconico l’effigie marmorea del padre Giovanni, morto nel 1791.

Tra il 1809 e il 1810 il Nostro lavorò alla Raccolta realizzata per la baronessa Elisa Giacomina de Wiering composta da disegni e incisioni di vedute tratte dalle più pittoresche località situate tra Foligno e Roma.

Nel 1813 Labruzzi si trasferì a Perugia per dirigerne la locale Accademia di Belle Arti, dove morì nel dicembre del 1817.

Tra i paesaggisti più apprezzati all’interno del panorama artistico capitolino a cavallo tra XVIII e XIX secolo per le straordinarie doti nella resa documentaria dei reperti archeologici, Carlo Labruzzi seppe rinnovare il genere pittorico di matrice classicista arricchendolo con sensibilità cromatiche preromantiche, di stampo pittoresco, derivategli dalla precoce pratica di studiare la natura dal vero. Un esempio formidabile della sua produzione è rappresentato dal dipinto con Il Colosseo visto dal Palatino (olio su tela, 1780, San Pietroburgo, Carskoe Selo), in cui il pittore riesce a catturare gli effetti luministici e la placida atmosfera di un tramonto romano donando alla veduta toni evocativi grazie al sapiente utilizzo del contrasto chiaroscurale con la zona in penombra in primo piano.

A riprova delle straordinarie qualità grafiche del Labruzzi e della sua non comune analiticità nella descrizione documentario-archeologica dei siti indagati possono osservarsi le due opere proposte dalla Galleria rappresentanti La villa di Domiziano a Castel Gandolfo e le Rovine del Mausoleo di Gallieno (matita e acquerello su carta).

Per quanto concerne il genere del ritratto, che il Nostro pare abbia praticato solo a partire dagli ultimi anni di attività, può citarsi il Ritratto di Georg Zoëga (olio su tela, 1809, Roma, Museo di Roma), in cui l’amico e archeologo danese è raffigurato post mortem, ammantato all’antica circondato dai reperti archeologici da lui studiati.