Lo scultore Dino Basaldella nacque a Udine il 26 aprile 1909, e fu, insieme ai fratelli minori Afro e Mirko, l’artefice di un rinnovamento formale della scuola friulana che lasciò un’impronta indelebile.

L’artista frequentò inizialmente il Liceo artistico della propria città natale, per poi trasferirsi a Firenze nel 1927 dove trovò tuttavia un ambiente culturale deludente e ancora più chiuso, preferendo quindi tornare a Udine. Qui espose insieme ai fratelli in occasione della mitica I Mostra della Scuola friulana d’Avanguardia. Nel 1930 lo scultore soggiornò insieme al fratello Afro a Roma, rimanendo particolarmente affascinato dalla statuaria etrusca, che lo indirizzò verso una maggiore arcaicizzazione della sua ricerca formale.

A partire dal 1933 Basaldella si stabilì definitivamente ad Udine dove prese ad insegnare presso le scuole di avviamento professionale di Trieste, iniziando nell’immediato una fortunata attività espositiva. Nel 1936 presenziò alla Biennale di Venezia, dove presentò Lo squalo, e alla III Mostra del Sindacato Fascista di Belle Arti di Udine; mentre nel 1939 espose Giovane con conchiglia alla Quadriennale di Roma.

Dal 1942 al 1947 lo scultore insegnò presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, per poi intraprendere un lungo periodo – terminato nel 1954 – in cui preferì dedicarsi con passione alla resistenza partigiana ed alla militanza politica all’interno del Partito Comunista. Dalla fine degli anni Cinquanta Basaldella giunse ad una sperimentazione più radicale e serrata, e opere come Rapace I e Piccolo animale, presentate da Emilio Villa presso la galleria La Tartaruga di Roma nel 1960, lo rilanciarono a livello internazionale. Lo scultore ottenne infatti una personale alla Catherine Viviano Gallery di New York a cui seguirono nel 1961 le partecipazioni alle collettive di Pittsburgh e Princeton. In quello stesso anno Basaldella fu tra i fondatori del Centro Friuliano Arti Plastiche, ottenendo poi nel 1963 la cattedra di plastica presso l’Istituto d’Arte di Udine e quella di scultura presso l’Accademia di Brera nel 1970.

Morì ad Udine il 7 gennaio 1977.

Influenzato in un primo momento dal linguaggio di Arturo Martini, a seguito del soggiorno romano lo scultore approdò a una plastica elegante d’ascendenza neoellenica e arcaizzante, come documenta la scultura Il pescatore d’anguille (bronzo, 1935, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) presentato alla II Quadriennale di Roma.

Durante gli anni ’40 lo stile del Basaldella si evolse in direzione di una più morbida resa delle figure, in accordo con le esperienze pittoriche del fratello Afro, che egli stesso definì “impressionismo luministico”. Appartiene a questa fase di riduzione estrema delle forme, a cui viene coniugata una forte tensione drammatica, il San Sebastiano esposto alla Sindacale del Lazio del 1942.

Tra le ultime opere dello scultore, che testimoniano di un ulteriore evoluzione del suo linguaggio figurativo col quale lacera lo spazio insistendo sulla severità e sulla purezza del segno, occorre citare il Monumento alla resistenza di Udine inaugurato nel 1969, esempio di monumentalità senza retorica realizzato con componenti ferrose industriali di recupero.