Il pittore Carlo Arienti nacque ad Arcore il 21 luglio 1801, figlio del botanico Bernardo, direttore dei giardini di Mantova. Venuto a mancare il padre nel 1814, il pittore si trasferì a Milano per studiare pittura e scultura all’Accademia di Brera con Luigi Sabatelli e Camillo Pacetti. Dagli anni 1824 al 1828 il pittore perfezionò la propria formazione a Roma, grazie al sostegno economico di un amico di famiglia. Dopo il suo rientro a Milano nel 1831 iniziarono i primi successi professionali dell’Arienti, sanciti dal Ritratto di Vincenzo Bellini, L’uccisione di Giovan Maria Visconti commissionatagli dal principe di Belgioioso e la Strage degli Innocenti richiestagli da Ferdinando I d’Austria.

Nel 1843 l’Arienti si trasferì a Torino a seguito dell’invito ad occupare la cattedra di pittura presso l’Accademia Albertina, dove rimase fino al 1859, anno in cui fu costretto a lasciare la carica probabilmente a causa di alcuni screzi avuti con il presidente, il marchese di Breme. Con il plebiscito che stabilì l’annessione dell’Emilia al Piemonte nel marzo 1860, al pittore venne offerta la direzione dell’Accademia Clementina di Bologna, carica che ricoprì fino alla morte, sopraggiunta il 21 marzo 1873.

La  poetica di Carlo Arienti è a prima evidenza largamente debitrice della lezione del maestro Hayez, sia nella scelta dei soggetti frequentati, di matrice storico-letteraria, che nella modulazione dell’impianto luministico, mentre alcune espressività enfatizzate sembrano più vicine ai modi del Sabatelli. Caratteristiche queste perfettamente espletate nel dipinto raffigurante Bice del Balzo ritrovata da Marco Visconti nel sotterraneo del castello di Rosate (olio su tela), ispirato dal romanzo di Tommaso Grossi del 1831. Il percorso artistico del pittore rimase per tutta la sua parabola strettamente connesso con la grammatica neoclassica, memore del lascito classicista di Appiani e Bossi, sul quale le istanze romantiche si adagiarono come un sottile velo. Ancora legato ad un linguaggio di ascendenza neoclassica – ai tempi ritenuto arretrato – è il capolavoro della maturità del pittore, La cacciata dell’Imperatore Barbarossa da Alessandria (olio su tela, in situ), eseguito nel 1845 su commissione di Carlo Alberto per il Palazzo Reale di Torino, un dipinto dalle forti connotazioni politiche. Il pittore stesso si ritrasse nella parte dell’eroe Galiando Aulari, intento a raccogliere sassi da lanciare contro il Barbarossa, particolare che sottolinea l’adesione ai valori patriottici dell’Arienti.