| OPERA DISPONIBILE

Giacinto Gigante
Napoli 1806 – 1876
Paesaggio di Bacoli dai Fondi di Baia • 1844
In basso a sinistra: 30 8bre 1844/G.Gigante
Olio su carta applicata su faesite, 40 x 61,5 cm
Bibliografia:
Mostra di G.Gigante/luglio- Settembre 1928/ Elenco delle pitture raccolte e ordinate per cura dell’ispettore prof. S. Ortolani, Napoli [Villa Floridiana]1928 p. 14, n. 152;
S. Ortolani, Giacinto Gigante e la pittura di paesaggio a Napoli dal ‘600 all’800 (prima edizione Napoli, editore Montanino 1970, p. 207), edizione consultata, a cura di L. Martorelli, Franco di Mauro editore, Sorrento 2009, p. 181.
Siamo di fronte ad un suggestivo paesaggio di Bacoli nell’ora del tramonto, ripreso da un punto di vista preciso: i fondi di Baia, denominazione con cui si indica la spianata di un cratere spento lungo un sentiero che da Baia va a Bacoli, identificabile nel tracciato percorso dall’esile figura dipinta in primo piano.
La datazione 30 8bre 1844 con la firma di Gigante sottostante, entrambe incise nella materia cromatica, forse con la punta del manico del pennello, suggerisce una ripresa puntuale dal vero del paesaggio. La tecnica ad olio su carta, desunta dalla lezione di Antoon Sminck Pitloo (1790-1837), è frutto di un’esperienza condivisa quando avevano percorso insieme le zone del territorio flegreo, intorno a Bacoli, nel 1823, nel 1827 e nel 1833.
Il castello di Baia, ubicato a sinistra del paesaggio, viene escluso dalla visuale di osservazione del pittore, attratto dalla luce verso Capo Miseno, catturando la sua attenzione in un gioco mutevole di rifrazioni cromatiche tra mare e cielo dove le nubi offrono lo spettacolo di un continuo movimento. Siamo in pieno autunno e, a quell’ora del giorno, le variazioni atmosferiche del sole calante si riflettono con uno spettro di colori che vanno dal rosa all’azzurro, al grigio, all’ocra del tufo giallo, mutando d’intensità a seconda dei piani prospettici della natura che stiamo osservando.
Al centro della natura spicca la veduta di Bacoli, col suo denso agglomerato di Cento Camerelle, abitazioni rurali edificate a calce con coperture a volta a botte, resistenti alle variazioni telluriche, tipiche di quelle architetture rurali anche delle isole di Ischia, Procida e Capri. Nel cuore del paese emerge isolata e svettante la cupola e il campanile della chiesa tardo seicentesca di S. Anna. La cittadina si affaccia su un panorama mozzafiato, intorno allo specchio del “mare morto” o lago di Miseno, una baia naturale circoscritta dal monte Grillo dove, a poche miglia lontano, si scorge nitidamente l’isola di Procida, col castello D’Avalos, irto sulla roccia a picco sul mare.
Il dipinto proviene dalla collezione del marchese Talamo Atenolfi di Cava dei Tirreni, famiglia (prima a Cava dei Tirreni e poi a Roma) che annoverava una collezione eccezionale di opere di Giacinto Gigante, tra cui numerosi acquerelli venduti all’asta una trentina d’anni fa (Roma, vendita Finarte, 30 Maggio 1989) e diversi dipinti ad olio. Tra essi si annovera il primo dipinto eseguito da Gigante all’età di dodici anni, nel 1818 (titolo: Vecchio pescatore, in S. Ortolani, Giacinto Gigante e la pittura di paesaggio a Napoli dal ‘600 all’800, a cura di L. Martorelli, Napoli ed. 2009, Franco di Mauro editore, Sorrento, p. 16).
Il paesaggio ad olio di Bacoli era già noto a Sergio Ortolani (1896-1949) quando, nel corso delle prime ricerche sulla pittura di paesaggio a Napoli tra ‘600 e ‘800, da lui avviate tra la fine degli anni Venti e il 1944, cominciò ad appassionarsi di Giacinto Gigante, risalendo a quella rete di collezionismo diffuso tra Napoli (le famiglie Ferrara, Quarantotti, Gualtieri e Casciaro) e provincia (famiglia Astarita a Sorrento e famiglia Talamo Atenolfi, a Cava dei Tirreni), ancora facilmente rintracciabile.
Il dipinto ad olio balza all’attenzione dello studioso sia per l’originalità del taglio compositivo sia per la particolare atmosfera in cui si ritrova la presenza umana avvolta da un unico sentimento della natura. L’impasto cromatico ricorda l’intensità della tavolozza di Pitloo, la cui lezione fu esemplare nell’approccio del paesaggio dal vero.
Fu scelto da Ortolani per la prima esposizione retrospettiva dedicata a Gigante, composta da 161 opere di Gigante, di cui solo sette erano dipinti ad olio e 3 di altri autori. La mostra fu allestita nel 1928 alla Villa Floridiana (R. Museo della villa Floridiana al Vomero/ Mostra di G.Gigante/ luglio- Settembre 1928/ Elenco delle pitture raccolte e ordinate per cura dell’ispettore prof. S. Ortolani, Napoli 1928, p. 14, n. 152). In quella occasione, nel ruolo di funzionario della Soprintendenza dell’arte Medioevale e Moderna della Campania, direttore del Gabinetto pinacologico e della nuova Fototeca, Ortolani esordì come nuovo studioso di Gigante, in opposizione alla tradizione meridionalista avviata da Salvatore Di Giacomo, poeta e scrittore, considerato il massimo conoscitore di Gigante e della Scuola di Posillipo (S. Di Giacomo, La Scuola di Posillipo, in “Mezzogiorno Artistico” fs. VII, gennaio- aprile 1902).
L’interesse di Ortolani per Gigante fu sicuramente segnato dalla conoscenza di una nuova visione estetica, influenzata dalla teoria della puro-visibilità del filosofo Konrad Fiedler, grazie agli scritti di Benedetto Croce (Cfr. La teoria dell’arte come pura visibilità, Napoli 1912; B. Croce, Nuovi saggi di estetica, Bari 1920) che contribuì all’estensione del pensiero di derivazione kantiana durante i suoi intrattenimenti letterari, ai quali Ortolani prese parte assiduamente negli anni Trenta del Novecento.
Dopo la prima mostra del 1928, le ricerche su Gigante proseguirono e, in previsione di una pubblicazione, sospesa in conseguenza del secondo conflitto mondiale, e pubblicata postuma solo nel 1970 (S. Ortolani Giacinto Gigante e la pittura di paesaggio a Napoli dal ‘600 all’800, a cura di R. Causa, Napoli, Montanino editore, 1970), nel procedere alla catalogazione sistematica dell’opera di Gigante, lo studioso rettifica il titolo del dipinto che secondo il catalogo della mostra della Floridiana, era “Il Deserto, sopra Sorrento” (Napoli 1928, n. 152) individuato invece come “Bacoli, il mare Morto e Procida, 30/X/1844” (Cfr. S. Ortolani, Giacinto Gigante e la pittura di paesaggio…cit. p. 181), specificando che la collezione Talamo non si trovava più a Cava dei Tirreni ma a Roma.
Luisa Martorelli
Napoli 27 Febbraio 2025
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