ENRICO PRAMPOLINI
(Modena, 20 aprile 1894 – Roma, 17 giugno 1956)

Enrico Prampolini nasce a Modena il 20 aprile 1894 da Vittorio, capotecnico alla Manifattura tabacchi, e da Anita Mezzani. Il fratello maggiore Alessandro, ù attivo nelle avanguardie come critico d’arte e letterario, poeta e traduttore con lo pseudonimo Vittorio Orazi.
L’infanzia di Enrico Ăš segnata da continui trasferimenti: Lucca, Chiaravalle Marche, Torino, Viareggio, fino a Roma dove nel 1912 si iscrive all’Accademia di San Luca sotto la guida di Duilio Cambellotti. Le sue prime opere si collocano nel tardo-simbolismo e collabora con riviste come “L’artista moderno”, “Primavera”, “Orifiamma” e “Cronache teatrali”. Tra il secondo e il terzo decennio del Novecento lavora come illustratore per testate popolari e d’avanguardia, adattando lo stile dal secessionismo alle ricerche europee piĂč aggiornate: “La donna”, “Noi e il mondo”, “Varietas”, “Cronache d’attualità”, “La ruota”, “L’eroica”, “Noi”. Nel 1913 visita la prima Esposizione di pittura futurista a Roma e pubblica Il colore dei suoni, primo scritto teorico futurista, anticipando il manifesto La pittura dei suoni, rumori e odori di Carlo CarrĂ . Frequenta l’atelier di Giacomo Balla e nel 1917 viene ufficialmente riconosciuto dal movimento futurista da Filippo Tommaso Marinetti. Tra il 1913 e il 1915 partecipa alle prime mostre futuriste e pubblica testi come La pittura pura e L’atmosferastruttura. Nel 1915 firma con Giacomo Balla e Fortunato Depero il Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo. Tra le opere superstiti di questo periodo: Donna + ambiente (1916), due ritratti scultorei in gesso (1917) raffiguranti il fratello Alessandro e lo scrittore Bino Sanminiatelli, Costruzione spaziale – Paesaggio (1919). Nel 1916 realizza le scenografie del film ThaĂŻs di Anton Giulio Bragaglia e collabora con la rivista “Dada” su invito di Tristan Tzara. Nel 1917 conosce Pablo Picasso, Jean Cocteau, Igor Stravinskij e LĂ©on Bakst, giunti a Roma con i Ballets Russes di Sergej Pavlovič Djagilev. Il 17 giugno 1917 fonda con Sanminiatelli la rivista “Noi”, che ospita contributi di Tristan Tzara, Marcel Janco, Hans Arp, Alexander Archipenko, Juan Gris, Alberto Savinio, Giorgio de Chirico, Carlo CarrĂ , Gino Severini, Julius Evola e Vittorio Orazi. La seconda serie (1923-1925) Ăš piĂč legata al futurismo ma mantiene respiro internazionale. Tra il 1919 e il 1926 Ăš attivo nel teatro futurista come scenografo, costumista e regista: Teatro del colore di Achille Ricciardi (1920), Teatro sintetico futurista di Enrico Prampolini e Filippo Tommaso Marinetti (1921), I palombari notturni di Luciano Folgore e Massimo Bontempelli (1923), Il vulcano di Filippo Tommaso Marinetti con regia di Luigi Pirandello (1926). Nel 1919 fonda con Mario Recchi la “Casa d’Arte Italiana”, attiva fino al 1921.
Negli anni venti rielabora la pittura in chiave geometrizzante (Danza della tarantella – ritmo dello spazio, 1922) e firma con Ivo Pannaggi e Vinicio Paladini il Manifesto dell’Arte meccanica futurista (1923). È commissario per l’Italia all’Esposizione di Ginevra (1920), curatore della mostra sull’arte italiana d’avanguardia a Praga (1921) e Berlino (1922), commissario all’Esposizione internazionale d’arte e tecnica teatrale di Vienna (1924) e alla Exposition internationale des arts dĂ©coratifs di Parigi (1925). Nella capitale partecipa ai gruppi “Cercle et CarrĂ©â€ e “Abstraction-CrĂ©ation”, collaborando con Walter Gropius, Piet Mondrian, Georges Vantongerloo, Paul Klee, Fernand LĂ©ger e Robert Delaunay. Nel 1926 partecipa alla Biennale di Venezia, dove sarĂ  presente in undici edizioni. Nel 1927 presenta al Théùtre de la Madeleine il Théùtre de la pantomime futuriste, con spettacoli di Franco Casavola, Luigi Russolo, Filippo Tommaso Marinetti, Luciano Folgore, Vittorio Orazi e altri.
Alla fine degli anni venti l’arte meccanica lascia il posto all’idealismo cosmico con opere come Forme forze nello spazio (1932), Metamorfosi cosmica (1935), Rarefazione solare (1940). Approfondisce il polimaterismo con le serie Intervista con la materia e Automatismo polimaterico.
Negli anni trenta si dedica all’architettura e agli allestimenti in luoghi pubblici e privati: padiglione del Futurismo all’Esposizione internazionale di Torino (1928), interni di casa Manheimer a Parigi (1928), vetrate per il palazzo delle Poste di Trento (1933), mosaici per quello di La Spezia, pitture murali per la V Triennale di Milano, allestimento della I Mostra di plastica murale al Palazzo Ducale di Genova (1934, con Giuseppe Rosso), quattro padiglioni della Mostra autarchica del minerale italiano (1938-1939).
Nei primi anni quaranta torna a confrontarsi con Pablo Picasso e pubblica Picasso scultore (1943). Nel dopoguerra fonda l’“Art Club” (1945), che organizza oltre cento mostre in dieci anni. Negli anni cinquanta il suo sperimentalismo materico si avvicina all’informale con opere come Organismo plastico (1953-1954) e Astrazione plastica X (1955), influenzando artisti come Piero Dorazio e Achille Perilli.
Muore a Roma il 17 giugno 1956.
Il suo archivio, composto da 143 fascicoli, ù conservato presso il Centro ricerca e documentazione arti visive del MACRO di Roma. Tra i suoi scritti teorici e critici si ricordano: Costruzione assoluta di moto-rumore (1915), Scenografia futurista (1915), La scultura dei colori e totale (1916), L’estetica della macchina e l’introspezione meccanica nell’arte (1922), L’architettura futurista (1928), Dalla danza impressionista alla danza futurista (1931), Al di là della pittura verso i polimaterici (1934), Arte polimaterica (verso un’arte collettiva?) (1944), Lineamenti di scenografia italiana (1950), Concezione dello spazio nelle arti plastiche (1954).