Johan Niklas BYSTRÖM - Testa ideale

Johan Niklas BYSTRÖM - Testa ideale

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Johan Niklas Byström
(Philipstad 1783 – Roma 1848)

Testa ideale

Marmo, cm 51,5 x 23 x 21,5

Firmato sul verso: BYSTROM fec. ROMA 1816

Il poeta svedese Atterbom, in una lettera scritta da Roma il 14 marzo 1818 e indirizzata all’amico Grejier a Stoccolma, così descrive la singolare figura di John Niklas Byström: “Ad eccezione della maestria Byström è una natura completamente diversa da Thorvaldsen, […] un eterno sognatore, introverso e profondamente malinconico, uno spirito di Fidia incarnato in una figura […] pallida e magra […]; e siccome non parla correttamente neanche una lingua, spesso ne mischia 4 o 5 per potersi spiegare, e al contempo fantastica incessantemente su un paio di dozzine di soggetti” (Jørnaes 1997, pp. 102-104).
Dopo aver studiato a Stoccolma sotto la guida di Johan Tobias Sergel (di cui divenne pupillo ed erede eletto), attingendo quindi al clima artistico e culturale romano dell’ultimo quarto del XVIII secolo (di cui lo stesso Sergel era stato esponente di primo piano; Barroero–Susinno 1999), Byström si trasferì a Roma nel 1810. Si stabilì a Villa Malta, il centro intellettuale nel cui salotto tenuto dalla poetessa Friederike Brun si articolò “il percorso di una nuova visione ideologizzata dell’arte” e si svolse la nascente vicenda “del protoromanticismo tedesco-romano” (di Majo – Susinno 1989, p.5). Premesse teoriche che trovarono in Thorvaldsen (a Roma dal 1797) la loro compiuta manifestazione (Ibidem, pp. 4-5).

Ma il primo periodo romano di Byström fu esclusivamente nell’orbita di Antonio Canova (Hubert 1965, pp. 194-195), come del resto è testimoniato dalla testa qui esposta. Sono in effetti, questi, gli anni in cui lo scultore veneto inizia a produrre la serie delle teste ideali il cui compimento giungerà soltanto alla fine del secondo decennio del secolo con le erme delle vestali e delle muse e la replica della Testa di Elena, il cui prototipo fu però eseguito nel 1811, come dono per Isabella Teotochi Albrizzi (Pavanello 1976, cat. 239, 325 – 333), espressione di un ideale estetico di purezza e perfezione formali cui tende anche lo scultore svedese nell’esecuzione della testa qui esposta. Canone del resto cui lo stesso Thorvaldsen aveva teso con il ritratto di Ida Brun (esposto alla mostra del Campidoglio del 1809, oggi Copenaghen, Museo Thorvaldsen), la leggiadra figlia di Friederike, il cui ovale si caratterizza per l’essenzialità dei tratti del volto e l’uso sottile e chiuso della linea nel perseguimento del “tipo ideale” per eternare l’embrionale bellezza della ragazza (Henschen 1989, pp.146-147).

Con studio in via Suderini 15 (Brancadoro 1834, p. 52), Byström, tranne un periodo trascorso in Svezia dal 1838 al 1844, spedì nel corso della lunga attività dalla capitale pontificia a Stoccolma un numero cospicuo di sculture commissionategli dalla corte e dai nobili svedesi, oggi conservate al Nationalmuseum di Stoccolma e nelle varie residenze reali di Tullgran, Rosesberg, Sperlingsholm e Högsjögård, a testimonianza del grande prestigio raggiunto in patria grazie al quale, nel 1832, ottenne anche la carica di professore di scultura all’Accademia Reale di Belle Arti di Stoccolma (Groth 1994, p.219).

Francesco Leone

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